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Rischio da esposizione ai campi elettromagnetici in ambiente di lavoro, in arrivo un nuovo campo di applicazione per i Rlst di Asle

Entro il 1° luglio 2016 l’Italia dovrà recepire la Direttiva europea 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici (Direttiva EMF) che abroga la Direttiva 2004/40/CE. Dal Governo italiano un passo avanti è stato fatto il 2 maggio 2016 quando il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, uno schema di decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva 2013/35/UE.

Il testo prevede modifiche al D.Lgs n. 81/2008 nella parte relativa al CAPO IV, del Titolo VIII, sulla “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici”. La Direttiva EMF limita anzitutto le esposizioni massime fissando i valori limite di esposizione (VLE) per gli effetti sensoriali e gli effetti sanitari, specificando che i VLE relativi agli effetti sanitari devono sempre essere rispettati. Si sottolinea poi l’importanza della valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro, specificando che per valutare i rischi derivanti dai campi elettromagnetici è necessario “comprendere la natura dei campi presenti”.

Per chi si occupa di salute e sicurezza dei lavoratori come i rappresentanti per la salute e la sicurezza dei lavoratori Rlst di Asle per gli edili, e più in generale per tutti coloro che nel luogo di lavoro svolgono la mansione di Rls si segnala che la Direttiva si occupa anche di formazione informazione dei lavoratori (art. 6), di consultazione e partecipazione dei lavoratori in materia di sicurezza (art. 7) e di sorveglianza sanitaria (art. 8).

La Commissione Europea ha nel frattempo editato una “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici”, per aiutare i datori di lavoro a ottemperare gli obblighi previsti dalla Direttiva EMF e che a breve saranno recepiti anche dalla legislazione italiana.

Per approfondire visiona la documentazione.

direttiva-201335ue

commissione-europea_guida_campi_elettromagnetici

Scambio di informazioni e cooperazione tra impresa appaltatrice e fornitori aiutano la prevenzione per la sicurezza dei lavoratori in cantiere

Ecco come fare. Mera fornitura di materiali o fornitura e posa in opera? Questo lo spartiacque che obbliga l’impresa a redigere il Piano operativo di sicurezza (Pos). Lo chiarisce bene la circolare n. 2597 del 10 febbraio 2016 emanata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La mera fornitura di calcestruzzo preconfezionato nei cantieri temporanei o mobili come si desume dalla lettura coordinata degli art. 96 c.1/bis e art. 26 c.3/bis del Dlgs.81/08, esonera il datore di lavoro dell’impresa fornitrice dall’obbligo di redazione del Pos e dall’obbligo di partecipazione alla redazione del Documento unico di valutazione dei rischi interferenti (Duvri). L’ipotesi della “mera” fornitura che esenta dall’obbligo di redazione del Pos prevede che il lavoratore della ditta fornitrice non partecipi in alcun modo alla posa in opera del calcestruzzo, per esempio manovrando la benna o il secchione. Altrimenti si tratta di fornitura e posa in opera.

All’azienda che esegue la sola fornitura di calcestruzzo preconfezionato restano comunque gli obblighi di cooperazione e coordinamento delle informazioni di sicurezza riguardanti le operazioni di trasporto, da condividere con l’azienda appaltatrice. Se dunque da un punto di vista strettamente formale, per quanto attiene agli adempimenti ai sensi del D.Lgs.81/08 in carico al fornitore, non è dovuta documentazione alcuna, ai fini di un necessario coordinamento tra impresa fornitrice ed impresa esecutrice si deve attivare la seguente procedura. In particolare, il datore di lavoro dell’impresa esecutrice:

· Informa l’impresa fornitrice dei rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui essa è destinata ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza ivi adottate

· Promuove il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, coordinandosi e informandosi reciprocamente con l’impresa fornitrice, al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva

· Riceve dal fornitore le informazioni relative alla tipologia e caratteristiche tecniche dei mezzi utilizzati, al numero di operatori presenti e mansione svolta, ai rischi connessi alle operazioni di fornitura che verranno eseguite in cantiere.

· Trasmette all’impresa fornitrice, derivandoli anche dal Psc e/o dal Pos, i dati riferiti all’area di cantiere, agli accessi ed alla viabilità, alle caratteristiche della postazione di stazionamento per il getto e dell’area di lavaggio nonché i nominativi del Coordinatore e del preposto.

· Informa l’impresa fornitrice sulle procedure di emergenza, incendio, evacuazione e di pronto soccorso desunte dal piano di sicurezza e coordinamento ove previsto.

Entrambi i soggetti, nel proprio Pos l’impresa esecutrice e nel proprio Dvr l’impresa fornitrice, individuano i rischi correlati a ciascuna fase di lavoro e le procedure dettagliate da mettere in atto al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori, qualora siano presenti i singoli rischi e/o laddove non siano state adottate misure organizzative volte ad eliminare tali rischi nelle seguenti fasi:

· Accesso e transito dei mezzi nel cantiere

· Operazioni preliminare di scarico calcestruzzo

· Operazioni di scarico in benna o secchione movimentato con grù

· Scarico diretto con canala aggiuntiva

· Scarico in pompa di calcestruzzo

· Operazioni di pompaggio

· Operazioni finali di riassetto del mezzo e pulizia

· Uscita dal cantiere

Il datore di lavoro deve infine verificare la presenza della scheda di sicurezza del calcestruzzo. Per la sicurezza dei lavoratori è fondamentale che il datore di lavoro renda disponibili le schede di sicurezza sul luogo di lavoro, che le stesse siano aggiornate e redatte nella lingua del Paese di utilizzo e che i lavoratori consultino costantemente le schede di sicurezza durante lo svolgimento della propria attività lavorativa.

Le schede di sicurezza, infatti, specificano la qualità e il grado di pericolosità dei materiali e forniscono tutte le informazioni per una corretta gestione e utilizzo dei prodotti chimici, anche con l’indicazione del giusto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Cantiere, la buona qualità dei sistemi di gestione di sicurezza dei subappaltatori contrasta l’aumento degli incidenti mortali

Oggi in Italia il numero degli infortuni mortali aumenta. I dati Inail 2015 registrano un’inversione di tendenza nei casi di morte sul lavoro. Per la prima volta in dieci anni l’indice di mortalità è tornato a crescere attestandosi di nuovo a ridosso dei 3,5 decessi ogni 100mila occupati, nettamente al di sopra della media europea.

Con i suoi 132 casi di morti sul lavoro nell’anno 2015 pari al 15% del totale, il settore delle Costruzioni in Italia si colloca al primo posto nella graduatoria delle tipologie di lavoro più pericolose (dati osservatorio Vega Engineering).

Al secondo posto si trovano le Attività manifatturiere con 109 morti che rappresentano il 12,4%, seguite dal settore Trasporto e magazzinaggio con 91 decessi pari al 10,4%. Molto distanziati gli altri settori che presentano quote inferiori al 6%. L’aumento del numero di incidenti mortali sul lavoro è un fatto che va contro tutte le aspettative. Dal 2006 sino al dicembre 2014, infatti, la tendenza è stata in costante diminuzione.

Il dato, dunque, fa riflettere anche in ragione dell’incidenza evidenziata dal settore Costruzioni. Si tratta di un fenomeno preoccupante che è da attribuire soprattutto al fatto che nella maggior parte dei casi i cantieri sono realizzati da piccole e micro imprese subappaltatrici dove l’attenzione alla prevenzione dei rischi è spesso anteposta all’esigenza di concretizzare il risultato in tempi rapidi. Per contrastare l’andamento negativo occorre elevare il livello di conoscenza e consapevolezza dei rischi tra tutti gli operatori del settore, al fine di promuovere un’organizzazione lavorativa che diventi efficiente sotto il profilo della prevenzione.

La causa principale per la quale le morti sul lavoro in edilizia aumentano è da ricercare nelle criticità interorganizzative del sistema dei subappaltatori, nella gran parte costituito da piccole imprese con difficoltà a mettere a punto un efficiente sistema di prevenzione dei rischi.

Due sono gli elementi su cui puntare per mettere in sicurezza il cantiere edile. Da una parte assicurarsi che le aziende subappaltatrici mettano in atto buone prassi di prevenzione dimostrando anche di avere requisiti specifici per le lavorazioni richieste e rispettando i termini per la formazione continua e obbligatoria del personale. D’altro canto è indispensabile che l’impresa appaltatrice diventi sempre più capace di mettere in campo un sistema di gestione della sicurezza efficiente, in grado di colmare le carenze interorganizzative dei subappaltatori. Occorre dunque intervenire con azioni di promozione della cultura della sicurezza a tutti i livelli, anche attraverso campagne informative mirate indirizzate ai lavoratori e a tutti i soggetti che all’interno del cantiere ricoprono responsabilità specifiche.

Cadute dall’alto, per l’Inail è al 21% l’incidenza sul totale degli infortuni

Nel decennio 2005 – 2014 l’andamento infortunistico mortale per cadute dall’alto ha fatto registrare una diminuzione significativa passando dal 33 – 31% al 20 – 21%. A dirlo è Giuseppe Semeraro dell’ufficio Consulenza Tecnica per l’Edilizia (CTE) dell’Inail intervistato a ottobre 2014 dal quotidiano online www.puntosicuro.it. Il CTE dell’Inail ha analizzato circa 100 sentenze di Cassazione degli ultimi 10 anni che riguardavano fatti afferenti i cantieri. Da questa ricerca emerge che mentre a livello infortunistico la caduta dall’alto incide per il 21%, i fatti che arrivano in Cassazione e riguardano la caduta dall’alto incidono per la metà dei casi trattati. Inoltre nonostante nel decennio in questione sia stata rilevata una riduzione degli infortuni mortali, nei cantieri si continua a registrare qualcosa come una cinquantina di morti. L’indagine Inail ha voluto anche identificare le maggiori cause di infortunio da caduta dall’alto ed è stato rilevato che del 50% dei casi d’infortunio arrivati in Cassazione emerge quanto segue

per caduta da ponteggio fisso: 31%

per assenza di protezione nelle aperture o protezioni inadeguate nelle aperture dei solai e aperture dei muri: 19%

per problemi sulle coperture in tema di lucernari fragili: 19%

per cadute da ponti mobili: 21%, di cui il 12% da trabattelli o ponti su ruote e il 2% da ponti su cavalletti.

La maggior parte di questi accadimenti riguardano infortuni anche mortali e spesso derivano dalla mancata applicazione di norme basilari e dalla sottovalutazione del rischio da parte dei lavoratori.

La maggior parte degli infortuni da caduta dall’alto riguarda i lavori di manutenzione, dove l’abitudinarietà spesso contribuisce a far diminuire il livello di percezione del rischio. E il rischio aumenta là dove vengono effettuati più interventi e le condizioni climatiche sono più severe. Non a caso il 65% degli infortuni avvenuti su tetti e terrazze è concentrato al Nord Italia. Oggi per indagare le cause degli infortuni e le dinamiche degli accadimenti avvenuti, l’Inail dispone anche del sistema di sorveglianza Infor.MO, attivato con l’obiettivo di monitorare le cause degli infortuni per ricavarne indicazioni utili ai fini delle azioni di prevenzione da mettere in campo. A costruire la banca dati di Infor.MO contribuiscono Inail e Regioni, oltre alle Asl con le proprie specifiche rilevazioni.

Le reti di sicurezza salvano la vita quando si decide di non allestire il ponteggio

La casistica degli incidenti da imputare ad una scarsa valutazione della tenuta delle strutture di copertura, lastre di eternit o vetroresina, è piuttosto ampia. Causata, troppo spesso, da inadempienze da parte degli operatori.

Le reti di sicurezza, per esempio, costituiscono l’attrezzatura che permette di prevenire incidenti e cadute dall’alto ai lavoratori ma non trovano ancora grande riscontro di impiego da parte delle imprese. Le si dovrebbe utilizzare dove ci sono rischi come nelle bonifiche amianto delle coperture o nel rifacimento delle orditure secondarie dei tetti in legno delle costruzioni rurali, soprattutto per porticati, fienili, stalle e spazi per l’allevamento.

Se l’allestimento di ponteggi per queste tipologie di lavoro è da ritenersi antieconomica, le reti di sicurezza costituiscono una risposta al problema sia per la facilità di posa sia per l’efficacia garantita da questa protezione collettiva che presenta ridotte ripercussioni sul lavoratore in caso di caduta. Ovviamente le reti non devono essere utilizzate se lo spazio vuoto sottostante è limitato oppure se esiste un rischio di caduta di materiale che ne potrebbe causare un sicuro danneggiamento. Evidenziati, dunque, i limiti del loro utilizzo si può affermare che le reti rappresentano una buona soluzione come dispositivo di protezione collettiva contro la caduta dall’alto, ovvero nei lavori in quota.

Le reti non sono sottoposte a marcatura CE specifica ma, in ogni caso, fanno riferimento in modo generico all’art. 123 del D.Lgs. 81/08 e, per la classificazione per Classe e Sistema, alle norme UNI-1263-1. la Classe distingue la larghezza della maglia e l’energia assorbita (Classe A1, A2, B1, B2) e il Sistema indica la tipologia del supporto della rete e l’impiego: orizzontale o verticale. Esistono quattro tipologie di sistemi: Sistema S,T,U,V.

Sistema S è la rete di sicurezza con fune sul bordo che incornicia e rinforza la zona perimetrale e alla quale vengono collegati i cavi di sollevamento e ancoraggio. Essa viene messa in opera in posizione orizzontale per proteggere da cadute una zona ampia dell’area di lavoro generalmente interna alla struttura da proteggere. Le reti di sicurezza del Sistema S devono avere una superficie minima di 35 mq e lato corto non inferiore a 5 m.

Sistema T è la rete di sicurezza attaccata a sbalzo, su telaio metallico di supporto, per utilizzo orizzontale, con un minor sviluppo superficiale rispetto al Sistema S e si presenta come una mensola agganciata alla parete esterna del corpo di fabbrica.

In riferimento invece ad una possibile alternativa per la protezione da caduta dall’alto, citiamo il Sistema U come rete di sicurezza attaccata a una intelaiatura di sostegno per utilizzo verticale (guardacorpo). Essa può avere o non avere un telaio proprio, fornito dal costruttore, e viene vincolata e agganciata all’intelaiatura di sostegno tramite idonea fune o cinghia.

In ultimo il Sistema V è la rete di sicurezza con fune sul bordo attaccata a un sostegno a forca. E’ a installazione verticale e protegge da cadute sia laterali che verticali che si verificano da due piani.

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