Category Archives: Cantiere

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Attenzione, utilizza il guardacorpo giusto per ogni situazione

Nelle costruzioni vengono utilizzate due tipologie di parapetti provvisori: quelli tradizionali, realizzati in cantiere di in legno o acciaio e quelli prefabbricati, di varie tipologie, da assemblare sul posto. L’utilizzo di questi ultimi si sta diffondendo sempre più anche perché tali attrezzature sono relativamente facili e rapide da installare e soprattutto si adattano a più situazioni, consentendo il montaggio su differenti tipi di supporto con vari sistemi di fissaggio.
In particolare per i lavori di manutenzione su coperture, i parapetti provvisori prefabbricati costituiscono la principale alternativa alla predisposizione di un ponteggio completo contornante tutta la copertura. Inoltre, l’utilizzo di questi sistemi costituisce un migliore adempimento all’art. 112 del D.Lgs. 81/08 il quale recita che “le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale e secondo la regola d’arte”. Le norme di prevenzione vigenti prescrivono la priorità dell’adozione di misure di protezione collettiva come i parapetti, le reti di sicurezza, i ponteggi, rispetto a quelle individuali: L’art. 148 del decreto 81/08 specifica che prima di procedere all’esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l’obbligo di predisporre sistemi collettivi di protezione dei bordi, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego. Dunque, la valutazione dei rischi deve essere fatta in modo completo e approfondito. In questi casi per una corretta valutazione dei rischi è opportuno verificare i seguenti punti:
– tipologia e durata del lavoro da svolgere
– tipo di copertura (piana, a falda, a shed, a volta ecc…)
– altezza di caduta massima
– carichi massimi di impatto di un corpo in fasce di scivolamento e caduta (carichi dinamici)
– traiettoria di caduta di un corpo morto che rotola dalla copertura e probabile punto di impatto sul parapetto prefabbricato.
FONTE: Documento predisposto da Gruppo Interregionale Edilizia e licenziato dal Comitato Interregionale nella seduta del 29 novembre 2011

Dispositivi collettivi di protezione, parapetti provvisori

I sistemi di protezione dei bordi devono essere montati e smontati seguendo le indicazioni contenute nel libretto di istruzioni, controllando scrupolosamente la tenuta delle superfici di ancoraggio. Ogni addetto deve essere informato e formato riguardo le regole da seguire nelle fasi di installazione e rimozione del sistema di protezione prescelto.
Tuttavia, succede molto spesso che questo importante dispositivo collettivo di protezione previsto dal Testo unico 81/08 che previene il rischio di cadute dall’alto nei lavori edili a volte sia affrontato con scarsa consapevolezza rispetto alla percezione del rischio da parte dei lavoratori dell’edilizia. Basti pensare a come molte delle piccole e micro imprese visitate dagli Rlst di Asle riguardo il sistema di protezione dei bordi, ricorrano facilmente al servizio di noleggio anziché utilizzare un’attrezzatura di proprietà, per la quale il datore di lavoro è obbligato a rispettare le norme di manutenzione e trattamento come per qualsiasi altra attrezzatura da cantiere. Se da una parte il servizio di noleggio consente il taglio dei costi di acquisto dell’attrezzatura, dall’altra espone l’impresa a rischi inconsapevoli, se non adeguatamente valutati. E’ opportuno, infatti, che l’impresa metta in atto una puntuale verifica del lavoro eseguito dai montatori dell’azienda che effettua il servizio di noleggio e montaggio dell’attrezzatura. Tale azione di controllo eseguita prima che l’attrezzatura entri in uso, dovrebbe essere espletata direttamente dal datore di lavoro o dal suo preposto. Al fine di mettere in atto un efficace sistema di prevenzione e sicurezza per i lavoratori in cantiere, è altresì decisiva, da parte del datore di lavoro, l’attività di informazione del personale che dovrà utilizzare il guardacorpo, per renderlo consapevole che il suo utilizzo improprio può generare grande danno. Inoltre, nel caso dei parapetti presi a noleggio, siccome il noleggio non prevede la manutenzione dell’attrezzatura mentre è in uso, è opportuno che gli utilizzatori dei parapetti provvisori siano responsabilizzati a segnalare qualsiasi malfunzionamento dell’attrezzatura anche minimo, invitando tempestivamente chi di dovere a predisporre gli adeguarti controlli di manutenzione. Nella realtà purtroppo accade che l’utilizzo del sistema di protezione dei bordi e la scelta dei guardacorpo sia effettuata di fretta e senza leggere bene le indicazioni contenute nel manuale di istruzioni.

LODI. Al Convegno su malattie professionali e infortuni, Asle partecipa alla tavola rotonda con il contributo degli Rlst

Il contributo di Asle che ha partecipato attivamente alla discussione promossa nella tavola rotonda nell’ambito del Convegno organizzato da Inail, Osservatorio Lavoro Salute e Sicurezza di Lodi, Asl di Lodi – Regione Lombardia, Camera di Commercio di Lodi il 6 novembre 2015, ha sottolineato la presenza del problema relativo all’utilizzo improprio di spazi pubblici per le manovre di cantiere. “In particolare – si legge nella relazione presentata da Asle – si rileva che nei cantieri visitati dagli Rlst la maggiore criticità è rappresentata dalle gravi interferenze viabilistiche, con rischi aggiuntivi per la circolazione dei pedoni sulla strada e nelle aree condominiali, nei lavori di recupero del patrimonio edilizio esistente in corrispondenza di mancate delimitazioni di aree di cantiere. In definitiva per una corretta prevenzione dei rischi – si conclude – è meglio occupare suolo pubblico o chiudere una strada che utilizzarle come zona di movimentazione o temporaneo deposito”. Il convegno ha fatto il punto su infortuni e malattie professionali nel Lodigiano per il periodo 2010-2014. Complessivamente il trend è in discesa, gli infortuni sono in diminuzione ma nel settore delle costruzioni tra le piccole e piccolissime imprese accade il maggior numero di eventi, circa il 60%.
Le cause di rilievo sono la perdita di controllo di mezzo o attrezzatura, la caduta di persona dall’alto, i movimenti scoordinati. Tra le tre casistiche continua a non dare segni di diminuzione la prima, quella dovuta alla perdita di controllo di mezzo o attrezzatura.

Scarica l’allegato: Relazione di Asle sull’attività degli Rlst nella provincia di Lodi
relazione-su-attivita-rlst-in-provincia-di-lodi

Voucher lavoro in edilizia, i limiti ci sono

Lavoro accessorio in edilizia? I dati forniti dagli Rlst di Asle attraverso la normale attività di monitoraggio dei cantieri evidenziano la tendenza all’uso dei buoni lavoro per pagare la manodopera. Ma in edilizia i limiti alla pratica di pagare gli operai con i voucher, inquadrando il loro operato nella categoria “lavoro accessorio”, esistono eccome. Anzitutto c’è il vincolo imposto dal criterio del rapporto diretto, per cui secondo la legge (92/2012) il lavoro occasionale accessorio implica necessariamente un rapporto diretto tra committente utilizzatore e prestatore di lavoro, senza il tramite di intermediari. E’ dunque esclusa la possibilità di intermediazione nel reclutamento e nella retribuzione di lavoratori per lo svolgimento di prestazioni a favore di terzi, come avviene ad esempio nel contratto di appalto di manodopera o di somministrazione. In altre parole il rapporto diretto può avvenire esclusivamente tra un committente e un lavoratore come ad esempio nel caso di un prestatore di lavoro accessorio in campo edile per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di un cantiere privato.
In un cantiere minimamente strutturato con la presenza di un appaltatore e aziende in subappalto, il subappaltatore non può assolutamente fare ricorso al lavoro accessorio, perché la sua impresa sta eseguendo lavori per conto di un’impresa appaltante e quindi si configurerebbe la violazione del criterio del rapporto diretto.
Altra cosa è se il committente imprenditore, per alcuni lavori, decide di affidare direttamente a un prestatore determinate lavorazioni. Qui il limite da rispettare, sia per il prestatore sia per il committente, è quello economico. La legge infatti prevede che nell’arco dell’anno solare ogni prestatore possa percepire un massimo di 2000 euro in buoni lavoro da uno stesso committente. Allo stesso modo, per i committenti imprenditori non è possibile servirsi dei buoni lavoro per una cifra superiore ai 2000 euro annui.
In edilizia, dunque, se il rapporto di lavoro tra committente e prestatore di lavoro rispetta sia il criterio del rapporto diretto sia limite economico stabilito per il lavoro accessorio, allora si può fare.
In tutti gli altri casi ci si espone al rischio sanzionatorio.

Rlst una risorsa per ottenere la riduzione del premio Inail

E’ l’opportunità offerta alle aziende con la compilazione on line del Modello Inail OT 24.
In pratica le imprese che si avvalgono della presenza di un Rlst nelle attività aziendali possono usufruire della riduzione del premio assicurativo applicata in occasione dell’autoliquidazione Inail a patto che raggiungano un puteggio complessivo pari a 100. Tra le azioni previste dall’OT 24 per l’ottenimento della riduzione non ci sono solo quelle attuabili con il Rlst ma ne sono previste anche altre, che il datore di lavoro può autonomamente attivare.
Il Rlst, però, può giocare un ruolo nelle attività aziendali riferite alle sezioni B, C e D del modello OT 24. In questi casi la sua azione si può esplicare in almeno quattro circostanze qui di seguito elencate.
Tra gli interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale se il datore di lavoro concorda con Rlst e medico competente piani di formazione ed educazione sanitaria, tra gli interventi di sicurezza e sorveglianza sanitaria quando il Rlst visita i cantieri con il medico competente e Rspp almeno due volte l’anno e redige i relativi verbali di sopralluogo, oppure se il datore di lavoro programma la riunione periodica almeno una volta l’anno a cui invita il Rlst, Rspp, medico competente a prescindere che questa riunione sia formalmente richiesta dalle altre figure coinvolte, tra le azioni di prevenzione di rischi specifici quando ad esempio il Rlst di Asle attraverso la campagna di sensibilizzazione Etiledil informa i lavoratori sui rischi da assunzione di bevande alcoliche.
Nel quadro di riferimento descritto il Rlst di Asle rappresenta un’opportunità quale figura integrata nel sistema impresa. La sua partecipazione alle riunioni periodiche, la collaborazione con il medico competente e Rspp sono l’esplicitazione di un ruolo su cui l’imprenditore può realizzare una modalità operativa di verifica e miglioramento dei requisiti minimi previsti dal D.Lgs 81/08 .
Le aziende edili che si avvalgono del Rlst di Asle hanno l’opportunità di costruire un modello virtuoso di prevenzione e sicurezza con il coinvolgimento di tutte le figure aziendali, Rlst, Rspp, medico competente, preposti e Dirigenti, che consente di fruire di agevolazioni, riduzioni contributive e finanziamenti previsti Inail ISI e FIPIT.

Etiledil: L’informazione ai lavoratori edili sui rischi da assunzione di bevande alcoliche

Campagna di sensibilizzazione Etiledil promossa da Asle in collaborazione con Asl Milano. L’informazione sui rischi ai lavoratori per la tutela della loro salute è un compito degli Rlst di Asle.

RISCHIO DA ESPOSIZIONE AI RAGGI SOLARI E LE MALATTIE DELLA PELLE

Un pericolo insidioso, sottovalutato e nascosto. Si tratta dell’esposizione ai raggi solari – in particolare gli ultravioletti – durante l’attività lavorativa, più frequente nei mesi estivi e, tuttavia, non assente in ambiente chiuso quando ci si espone alle radiazioni ottiche artificiali (art. 214 D.Lgs 81/08). Un rischio difficile da valutare in ambito lavorativo perché le radiazioni solari non sono generalmente percepite come pericolose e perché presenti sia in ambito lavorativo quando si lavora all’aperto come nel caso degli operai edili, agricoltori, cavatori , marittimi ecc… sia durante il tempo libero, nella vita privata quando si praticano attività sportive e ricreative all’aria aperta o si fa uso delle lampade abbronzanti. Lo studio condotto da ISPO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze) sulla casistica del Registro Tumori Toscano relativa ai tumori della pelle non melanoma ha dimostrato la complessità nella valutazione dell’incidenza professionale sulle malattie della pelle causate dall’esposizione alle radiazioni solari. In particolare dei 733 lavoratori intervistati il 27% ha dichiarato di aver effettuato lavori all’aperto, il 46% dei soggetti dichiara di avere avuto scottature, mentre una percentuale del 38% dice di fare attività ricreativa all’aperto e il 15% ha fatto uso di lampade abbronzanti. In ogni caso i lavoratori outdoor ricevono 3 volte la dose di radiazioni UV dei lavoratori indoor.
I dati sono stati presentati a Firenze il 18 aprile 2012 nell’ambito del Seminario dal titolo “Piano mirato regionale sul rischio di radiazione ultravioletta solare nei lavoratori outdoor” e dimostrano la complessità di definire l’esposizione alle radiazioni solari per il singolo lavoratore e di confrontare i livelli di esposizione per analoghe categorie professionali. Dunque, si tratta di un rischio subdolo, decisamente difficile da quantificare per quanto riguarda la sua incidenza in termini di malattia professionale. Tanto più che le radiazioni solari in quanto tali non sono trattate come rischio specifico nemmeno nel D.Lgs 81/08, che contempla le radiazioni UV A,B,C solo nell’ambito delle radiazioni artificiali al già citato art. 214, e per le quali si prevede una precisa procedura nell’individuazione e trattazione del rischio, da inserire nel Documento di valutazione dei rischi e nel protocollo di Sorveglianza sanitaria. Tuttavia, siccome le radiazioni solari si compongono per il 6% da raggi UV, classificati dallo IARC* come agenti cancerogeni, è facile supporre che l’esposizione alle radiazioni solari per un prolungato lasso di tempo a causa lavorativa, come capita anche agli operai edili nei cantieri all’aperto, sia nociva per la salute delle persone soprattutto se questo rischio è associato o si sovrappone contemporaneamente ad altri fattori di rischio e insiste sullo stesso soggetto. Pensiamo ad esempio a un operaio edile impegnato d’estate in un cantiere stradale: la persona si trova contemporaneamente esposta al rischio radiazione solare UV e al rischio da esposizione a IPA.

LE MALATTIE DELLA PELLE
E’ certo che in ottemperanza all’art. 28 del D.Lgs 81/08 che tratta la valutazione del rischio, “la valutazione deve riguardare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori”, rischi che in quanto tali devono essere inseriti nel protocollo di Sorveglianza sanitaria e correttamente monitorati dal medico competente, che relativamente alle radiazioni UV deve procedere a particolari verifiche anche in base al contesto clinico e di anamnesi del soggetto (pelle e occhi chiari, scottature, presenza di nevi, familiarità. E’ dimostrato che l’incidenza dei tumori della pelle è in aumento a livello mondiale e in particolare che l’esposizione cumulativa a radiazione UV è determinata sia da motivi occupazionali che ricreativi. Studi condotti in varie parti del mondo hanno osservato un’associazione significativa tra tumori della pelle e lavori all’aperto. Infine si rileva che l’aumento dell’incidenza del tumore della pelle (non melanoma tosi) ha un forte impatto sulla spesa sanitaria anche in termini di assenza dal lavoro per malattia.
Le malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità sono la cheratosi attinica, dovuta ad agenti fisici e i tumori: melanoma cutaneo e epiteliomi cutanei (non melanoma).

* IARC: International Agency for Research on Cancer. L’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro che identifica i fattori ambientali che incidono sul rischio cancro. Nell’ambito delle monografie IARC i raggi ultravioletti sono considerati fattori cancerogeni
classificati tra i 108 agenti del Gruppo 1. Gli studi IARC sono utilizzati dalle agenzie nazionali per la salute come supporto scientifico alle loro azioni per prevenire le esposizioni ai potenziali cancerogeni.

DPI E PREVENZIONE ALL’ESPOSIZIONE UV, UN PICCOLO VADEMECUM SU COME COMPORTARSI

L’utilizzo dei DPI e il comportamento del lavoratore possono influire significativamente sulla dose di UV assorbita. Le protezioni individuali come gli indumenti coprenti, i cappelli, gli occhiali da sole e i filtri per la protezione contro le radiazioni solari* sono necessarie per ridurre l’esposizione, in particolare in nei casi in cui non sia possibile lavorare in zone d’ombra, sotto ripari o schermi.
Un indumento protettivo è il cappello a tesa larga e circolare (almeno 8 cm) con protezione anche sulle orecchie, naso e collo. I cappelli da legionario sono ottimali, mentre i berretti da baseball con visiera non forniscono la protezione per le orecchie e per il collo che essendo aree particolarmente fotoesposte dovranno comunque essere protette dalle radiazioni UV, ad esempio con l’applicazione di creme solari.
Studi medici hanno dimostrato che gli agricoltori australiani che indossano il cappello a tesa larga riportano sulla fronte una dose 6 volte minore di assorbimento dei raggi UV, sul naso 3 volte minore, sulle guance 2 volte miniore.
Le creme solari hanno dimostrato la loro validità nel ridurre l’incidenza sia di alterazioni neoplastiche epiteliali della cute che di fotoinvecchiamento. Però bisogna fare attenzione ai possibili effetti fotoallergenici e fototossici associati all’ esposizione simultanea a sostanze chimiche ( es. antiparassitari) o vegetali (es. bergamotto, ombrellifere).
E’ dunque necessario che la scelta della crema solare sia effettuata con il coinvolgimento del medico competente.
COSA FARE
Si consiglia di creare, quanto più è possibile, zone d’ombra dove poter lavorare all’aperto. In caso di impossibilità a lavorare all’ombra è opportuno l’utilizzo di DPI specifici per proteggersi dalle radiazioni e utilizzare buone pratiche di comportamento che favoriscono la riduzione all’esposizione, come ad esempio, lavorare nelle ore in cui i raggi solari sono meno violenti, evitando di sporsi a torso nudo.

PICCOLO VADEMECUM
1) I raggi solari sono molto più intensi tra le 12 e le 16. Prova a ridurre il più possibile la tua attività in queste ore. Se puoi sosta all’ombra durante i pasti e gli intervalli di riposo.
2) Anche quando il cielo è nuvoloso vi è esposizione alla radiazione solare UV. Le nuvole, infatti, non sono in grado di bloccare il passaggio dei raggi ultravioletti. Vento e nuvole, riducendo la sensazione del calore del sole sulla pelle possono indurre a pensare che non vi sia il rischio di scottature, in realtà questo non è vero, pertanto proteggiti adeguatamente anche in queste situazioni.
3) Quando lavori al sole, anche se fa caldo non toglierti i vestiti (mai esporsi a dorso nudo), usa invece indumenti traspiranti e comodi che non ostacolino i movimenti.
4) Vai alla ricerca dell’ombra tutte le volte che è possibile. Ombrelloni, tende, gronde e alberi forniscono ombra. Lavorare nelle zone ombrose ti aiuta a ridurre i danni provocati dal sole e nella tua azienda dovrebbero essere create idonee zone d’ombra.
5) Prevedi una rotazione dei compiti tra attività all’aperto e al chiuso e attività al sole e all’ombra.
6) Proteggi il corpo, la pelle e gli occhi: usa abiti di colore scuro che proteggono di più dal sole, usa pantaloni lunghi e maglietta con le maniche. Fa in modo che cappelli a tesa larga e occhiali da sole diventino parte della tua divisa.

ALCUNI DATI
Dei 733 lavoratori intervistati dallo studio ISPO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze) sulla casistica del Registro Tumori Toscano relativa ai tumori della pelle non melanoma risulta quanto segue:
• il 19% del campione utilizza creme protettive durante le ore di lavoro mentre il 26% usa le creme durante le attività ricreative.
• Sui controlli dermatologici, il 74% dice di non aver mai fatto visite dermatologiche, il 15% ha fatto una sola visita, solo il 2,7% effettua visite periodicamente.
• Per quanto riguarda l’abbigliamento usato durante il periodo estivo risulta che il 73,3% usa una maglia corta, solo il 17,6% una maglia lunga. Il 28% è a dorso nudo e il 29,6% in canottiera.
• Il cappello è usato nel 64,5% dei casi e gli occhiali solo nel 40%.

TESSERINO DI RICONOSCIMENTO DEI LAVORATORI IN CANTIERE

Lo scorso settembre sono state introdotte dalla Legge 136/2010 alcune modifiche in merito alle caratteristiche del tesserino di riconoscimento di cantiere. A miglior identificazione degli addetti ai lavori, oltre a quanto già previsto, fotografia e generalità del lavoratore nonché il nominativo del datore di lavoro, il tesserino deve contenere la data di assunzione ed in caso di impresa in subappalto la relativa data di autorizzazione. Per quanto concerne i lavoratori autonomi o artigiani essi hanno l’obbligo di inserire nel loro tesserino di riconoscimento il nominativo del committente inteso come il soggetto, impresa o persona fisica, con il quale hanno stipulato un contratto di lavoro. La sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro per la mancata esposizione del tesserino va da 100 a 500 euro per lavoratore mentre quella prevista per i lavoratori va da 50 a 300 euro.

PICCOLE IMPRESE E REGISTRO DI CANTIERE

Per le imprese con meno di 10 dipendenti i datori di lavoro possono
assolvere all’obbligo di dotare i lavoratori del tesserino di riconoscimento mediante annotazione, su apposito registro di cantiere, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori.
Il Registro di cantiere di cui all’art. 36 bis, comma 4, del d.l.223/2006,
dovrà esser vidimato dalla competente D.P.L. e tenuto sul luogo di lavoro.

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