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IN EDILIZIA SOLO UNA MALATTIA PROFESSIONALE SU 15 VIENE DENUNCIATA

La letteratura internazionale evidenzia come le malattie professionali sono frequentemente sottostimate. Ciò è tanto più vero per l’edilizia. Il dato è confermato da uno studio ricerca promosso dal CPT di Bergamo e realizzato dalla Unità Operativa di Medicina del Lavoro (UOOML) dell’Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti” di Bergamo, che da 7 anni conduce anche uno studio longitudinale su un campione di lavoratori di più di 70 imprese iscritte alla cassa edile. Lo studio eseguito dall’equipe guidata dal Dott. Giovanni Mosconi è stato effettuato su un campione di 1320 lavoratori edili applicando il protocollo sanitario (Gold Standard) stabilito dalla SIMLII (Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale) in specifiche Linee Guida (vol. 22). In sintesi risulta che nel 2009 su un campione di circa 1320 lavoratori i casi denunciati di malattie professionali sono 47, pari al 3,56%, mentre il dato lombardo atteso (secondo le statistiche Inail) era di 0,11% (448 casi segnalati) e il dato nazionale era dello 0,24% (4882 segnalazioni).
Da ciò si deduce che la UOOML di Bergamo segnala casi di malattie professionali in edilizia con una frequenza di circa 15 volte superiore rispetto al dato nazionale e di 32 volte superiore a quello regionale. Per ogni caso segnalato di malattia professionale in Lombardia corrispondono, dunque, 31 casi non segnalati.
Il grado di sottostima è evidente. Infatti se le segnalazioni all’Inail fossero, in provincia di Bergamo che ha circa 60.000 occupati nel settore, identiche a quelle del campione in studio i casi denunciati in Provincia sarebbero 2114.E’ chiaro che il dato è una estrapolazione e andrebbe quindi verificato, ma se fossero anche solo la metà i casi attesi il numero delle mancate denunce è molto elevato pur essendo la provincia di Bergamo quella che segnala più casi.
Confermano il dato ottenuto le stime degli igienisti inglesi dell’ Health and Safety Excutive (Statistics HSE Books 2006), che indicano nel 3,86% – contro il 3,56 ottenuto nel campione di Bergamo – la percentuale di nuovi casi anno di malattie professionali denunciate negli edili d’oltre manica che contano un numero di occupati sovrapponibile a quelli italiani.
Nel nostro Paese esiste un’ evidente mancanza di segnalazioni, che pesa ancora di più se si considera che le stime internazionali riferiscono di un rapporto fino a 1 a 20 di morti per infortunio contro i morti per malattie professionali: per ogni morte da infortunio se ne registrano 20 dovute a malattia professionale.
Inoltre, il citato studio della UOOLM di Bergamo mette in evidenza che la percentuale di malattie professionali tra i lavoratori con più di 40 anni è del 22,2%, ovvero di 1 lavoratore su 5, anche in questo caso il dato risulta totalmente sovrapponibile alle stime europee (Gold Standard).

RUOLO DELL’RLST NEL PROTOCOLLO DI SORVEGLIANZA SANITARIA

Intervista a Giovanni Mosconi Direttore dell’Unità Operativa Ospedaliera Medicina del Lavoro (UOOML) dell’Azienda ospedaliera “Ospedali Riuniti” di Bergamo.
A suo parere l’Rlst può collaborare con il Medico del lavoro? Per la legge l’Rlst è un interlocutore del medico del lavoro: tra di loro ci deve essere uno scambio di informazioni reciproche. Anche nell’ambito dell’attività di sorveglianza sanitaria è auspicabile una collaborazione proficua fra le due figure.
In che modo, ci può fare un esempio? L’Rlst che più frequentemente del medico visita i luoghi di lavoro può facilmente verificare se le limitazioni espresse dal medico competente nei giudizi di idoneità per un lavoratore vengano effettivamente rispettate.
L’Rlst può controllare se si fa prevenzione?Il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori non deve solo avere una grande attenzione ai problemi relativi alla sicurezza in cantiere ma anche ai rischi per la salute cioè di quelli che sono causa di malattie professionali. Le malattie professionali infatti “uccidono” più degli infortuni.

LINEE GUIDA PER LA SORVEGLIANA SANITARIA IN LOMBARDIA

Il contributo della ricerca Asle sulla fatica in edilizia rappresenta un tassello significativo per valutare i parametri di affaticamento causati dal lavoro edile e ai quali vengono sottoposti i lavoratori nello svolgimento delle diverse attività e mansioni.
“La difficoltà di una corretta individuazione e valutazione dei rischi — si legge nel documento lombardo “Linee guida per la sorveglianza sanitaria in edilizia” — è riconducibile in parte ai cambiamenti imposti da una tecnologia in rapidissima evoluzione come la meccanizzazione, la movimentazione dei materiali, l’uso sempre più esteso dei prefabbricati e l’utilizzo di nuove sostanze chimiche. Ci sono poi le variabili difficilmente controllabili come le condizioni atmosferiche, la tipologia dei terreni, le diverse modalità di utilizzo o di applicazione dei materiali . Tutto ciò rende difficile non solo la stima, ma spesso anche l’identificazione dei pericoli per i lavoratori, siano essi agenti chimici, fisici o biologici. C’è dunque difficoltà a valutare i rischi professionali per gli operatori del settore, anche se, nell’ultimo decennio, soprattutto nei paesi del nord d’Europa, del nord America e in Italia, gruppi di lavoro, hanno prodotto documentazione di sicuro interesse”.

RICERCA SUL DISPENDIO ENERGETICO NEL LAVORO EDILE

Partecipano Asle, Scuola edile e Cpt di Bergamo e di Milano, Lodi, Monza Brianza

Asle presenta un nuovo progetto coordinato dall’equipe di Medicina del Lavoro degli Ospedali Riuniti di Bergamo guidata dal Dott. Giovanni Mosconi.

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