Category Archives: Prevenzione dei rischi

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Gli infortuni con scale portatili accadono per uso scorretto. Qui la guida per utilizzare l’attrezzatura in sicurezza

Le scale portatili sono attrezzature largamente diffuse e usate in ambiente di lavoro e in ambiente di vita. Vengono impiegate da milioni di persone e comportano rischi elevati di incidenti. Gli infortuni avvengono principalmente per cadute da scale da altezze superiori a un metro. Studi recenti hanno dimostrato che l’80% degli incidenti è dovuto all’uso non corretto delle attrezzature mentre il rimanente 20% è imputabile a difetti delle scale.

Circa un terzo degli incidenti avviene sui luoghi di lavoro dove per l’uso diffuso delle scale portatili nei cantieri, il comparto dell’edilizia la fa da padrone. Negli infortunati la maggior parte delle lesioni riportate interessa gli arti inferiori e superiori, dove la frattura e la contusione sono quelle di maggiore frequenza. Tuttavia anche da altezze relativamente basse si ottengono lesioni di consistente gravita.

Gli incidenti riguardano principalmente la stabilita nell’uso dell’attrezzatura e la resistenza strutturale della scala rispetto al comportamento dell’utilizzatore e alle ripetute sollecitazioni.

Le scale portatili presenti sul mercato sono molteplici e riconducibili principalmente a due tipologie:

· scale in appoggio

· scale doppie

Le correlazioni tra le cause e gli incidenti evidenziano soprattutto problemi di slittamento laterale in sommità e slittamento alla base per le scale in appoggio e instabilità al ribaltamento per le scale doppie.

I materiali di cui sono costituite principalmente le scale portatili sono le leghe di alluminio, l’acciaio e il legno, con altezze, tra quelle di uso più comune, che vanno dai 2 ai 5 mt. circa per le scale doppie in posizione chiusa, 5 mt. circa per le scale in appoggio e 8  mt. circa per le scale trasformabili, a sfilo sino a 15 mt.

Tutte le scale devono rispondere alle norme UNI EN 131/D.Lgs 81/08.

Le scale in appoggio

Le criticità che si manifestano nell’utilizzo delle scale in appoggio sono quattro:

· instabilità per slittamento alla base

· instabilità per slittamento laterale in sommità

· instabilità per rotazione intorno a un montante

· instabilità per rovesciamento all’indietro

Le buone prassi raccomandano che per conferire alla scala una maggiore stabilità rispetto allo slittamento alla base è indispensabile avere un angolo di inclinazione della scala più alto possibile senza superare 75° (65°-75°) per non incorrere nell’instabilità alla rotazione all’indietro intorno alla base dei due montanti. Essendo inoltre la stabilità funzione del peso della scala, del peso della persona, dei coefficienti d’attrito agli appoggi, va da sé che creando vincoli alla base e in sommità, e limitando il carico sui gradini escludendo gli ultimi tre, circa 75 cm. dal punto più alto per scale di 4-5 metri, si realizzeranno le condizioni ideali per un uso in sicurezza della scala. Non trascurabili sono anche le azioni, per slittamento laterale in sommità e per rotazione intorno ad un montante, che si manifestano spesso quando il lavoratore, pur avendo il baricentro entro la base d’appoggio della scala, tira a sé o spinge qualche oggetto come ad esempio funi o cavi oppure usa un trapano o una sega con movimento laterale, o quando l’utilizzatore pone il suo baricentro fuori dalla base d’appoggio della scala determinando con gli stessi movimenti una rotazione intorno ad un montante. E’ utile ricordare che la scala in appoggio è idonea come sistema di accesso ad altro luogo sempre che sporga almeno 1 mt. oltre il livello di accesso. Esistono in commercio diversi accessori che, se non in dotazione alle scale più comuni, limitano le instabilità sopra accennate. Tra questi i più utilizzati sono i tamponi in pvc da innestare sui montanti in appoggio e le barre stabilizzatrici orizzontali che riducono al minimo lo spostamento laterale.

Le scale doppie

Le criticità che si manifestano nell’utilizzo delle scale doppie si possono ricondurre in linea di massima all’instabilità per ribaltamento laterale. Un uso corretto delle scale doppie impone che le scale

· non siano più lunghe di 5 mt.

· non siano utilizzate per accedere a piani di lavoro

· non vengano utilizzate da più persone

· la sosta sui due gradini o pioli più alti non sia eseguita senza piattaforma e guarda-corpo

Con stabilità di una scala doppia al ribaltamento laterale s’intende la capacità della scala a opporsi alle azioni che ne determinano il ribaltamento attorno a un’asse passante alla base di due montanti laterali, uno relativo al tronco di salita e l’altro relativo al tronco di supporto, considerato come asse di rotazione. Per migliorare la stabilità delle scale doppie possono venir utilizzate le barre stabilizzatrici da innestare alla base dei montanti con piedini antiscivolo.

Durabilità

La durabilità di una scala portatile può essere definita come la capacità di questa a conservare i previsti requisiti di resistenza, stabilità, funzionalità e sicurezza, durante tutta la vita operativa attesa, senza richiedere manutenzione straordinaria e ripristino.

Una scala portatile è composta da diversi elementi collegati fra di loro. Tali collegamenti oltre ai requisiti di resistenza e funzionalità devono mantenere durante l’uso i giochi previsti in fase di progetto o comunque essi devono essere tali da rimanere entro tolleranze funzionali atte a garantire la stabilità della scala in condizioni di sicurezza.

Ad esempio, l’ovalizzazione dei fori delle cerniere di collegamento dei montanti di una scala doppia crea un disallineamento dei tronchi di salita e di supporto, con conseguente appoggio della scala sul piano su tre montanti anziché su quattro. In tale condizione, durante la salita dell’operatore e durante l’uso, la scala può presentare sia dei movimenti longitudinali e laterali, e sia di oscillazione, tali da minare la stabilità della stessa. Per quanto concerne le scale in appoggio, con particolare riferimento a quelle a più tronchi, una maggiore flessione sotto carico potrà derivare dalla deformazione delle interfacce di giunzione fra i vari tronchi, soprattutto se la scala è stata realizzata con i montanti aventi profili a “C”.

Rischio da esposizione ai campi elettromagnetici in ambiente di lavoro, in arrivo un nuovo campo di applicazione per i Rlst di Asle

Entro il 1° luglio 2016 l’Italia dovrà recepire la Direttiva europea 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici (Direttiva EMF) che abroga la Direttiva 2004/40/CE. Dal Governo italiano un passo avanti è stato fatto il 2 maggio 2016 quando il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, uno schema di decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva 2013/35/UE.

Il testo prevede modifiche al D.Lgs n. 81/2008 nella parte relativa al CAPO IV, del Titolo VIII, sulla “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici”. La Direttiva EMF limita anzitutto le esposizioni massime fissando i valori limite di esposizione (VLE) per gli effetti sensoriali e gli effetti sanitari, specificando che i VLE relativi agli effetti sanitari devono sempre essere rispettati. Si sottolinea poi l’importanza della valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro, specificando che per valutare i rischi derivanti dai campi elettromagnetici è necessario “comprendere la natura dei campi presenti”.

Per chi si occupa di salute e sicurezza dei lavoratori come i rappresentanti per la salute e la sicurezza dei lavoratori Rlst di Asle per gli edili, e più in generale per tutti coloro che nel luogo di lavoro svolgono la mansione di Rls si segnala che la Direttiva si occupa anche di formazione informazione dei lavoratori (art. 6), di consultazione e partecipazione dei lavoratori in materia di sicurezza (art. 7) e di sorveglianza sanitaria (art. 8).

La Commissione Europea ha nel frattempo editato una “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici”, per aiutare i datori di lavoro a ottemperare gli obblighi previsti dalla Direttiva EMF e che a breve saranno recepiti anche dalla legislazione italiana.

Per approfondire visiona la documentazione.

direttiva-201335ue

commissione-europea_guida_campi_elettromagnetici

Rischio amianto. Oggi i più esposti sono i lavoratori dell’edilizia

Oggi i lavoratori più esposti al rischio da amianto sono gli addetti alle bonifiche dei materiali con amianto che rientrano nella categoria degli edili. In ottemperanza alle disposizioni dettate dal D.Lgs 81/08 Titolo XIX, Capo III, sono stati messi a punto percorsi formativi finalizzati alla salvaguardia della salute dei lavoratori. Compito di Rls e Rlst dell’Edilizia è anche quello di vigilare affinché tutte le misure di prevenzione, salute e sicurezza vengano attuate dalle aziende e dai lavoratori addetti. Inoltre il Rappresentante per la sicurezza dei lavoratori può visionare attentamente i luoghi di rimozione e bonifica accertandosi che non permangano esposte tracce di materiale negli ambienti di lavoro. Il materiale così disperso, infatti, potrebbe essere inalato dai lavoratori non addetti alle operazioni di bonifica che normalmente non indossano i dispositivi di protezione previsti per la prevenzione all’ esposizione amianto.

Un seminario rivolto agli Rls per approfondire il loro ruolo nella valutazione della gestione del rischio amianto lo ha organizzato il Centro di cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita di Milano giovedì 5 maggio 2016 presso la sede di Viale D’Annunzio,15 in collaborazione con l’Associazione Italiana Esposti Amianto (Aiea) e il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e del territorio.

Autorevoli e qualificati gli interventi dei relatori. Dopo l’introduzione di Giuseppina Corvino della Direzione Centrale Politiche del Lavoro, Sviluppo economico e Università Comune di Milano e la presentazione di Fulvio Aurora dell’Aiea, sono intervenuti Aldo Todaro della Clinica del Lavoro “Luigi Devoto” che ha illustrato le patologie collegate all’esposizione all’amianto. Dal 2009 lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha riconosciuto due nuove patologie professionali da denunciare: le neoplasie alla laringe e le neoplasie ovariche, che si aggiungono al cancro al polmone e mesotelioma. Arrigo Tassi e Battista Magna dell’Ats Milano – Città Metropolitana hanno spiegato il ruolo svolto dall’Ats riguardo il rischio amianto. Nel 2015 sono stati effettuati 6260 interventi in materia di amianto, oltre all’attività di formazione rivolta agli addetti di bonifica realizzata in collaborazione con l’Ente Scuola Edile Milanese (Esem). Inoltre, solo nella città di Milano l’Ats ha censito più di 6mila siti con materiali contenenti amianto. Molti di questi sono stati bonificati nel tempo con la rimozione di più di 42mila tonnellate di amianto.

Tiziana Tarroppio dell’Inail Direzione regionale Lombardia ha illustrato l’iter per il riconoscimento dell’esposizione all’amianto e della malattia professionale.

Tra gli Rls relatori: Michele Michelino del Comitato per la Difesa della Salute nei luoghi di lavoro e nel territorio, Margherita Napoletano del Coordinamento Rls sanità milanese e Modesto Prosperi, Rls del Comune di Milano. I numerosi contribuiti hanno fornito informazioni utili alla platea dei Rls, da utilizzare nell’individuazione e gestione del rischio amianto.

In Lombardia, secondo i dati dell’Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente nel 2012, data dell’ultima  mappatura amianto effettuata da  Arpa Lombardia, restavano da rimuovere oltre 2milioni di metri cubi di amianto, contro 2,8 milioni del 2007. Nel lasso di tempo considerato le bonifiche effettuate hanno prodotto complessivamente una riduzione pari al 27% dovuta alle operazioni di bonifica attraverso rimozioni, demolizioni e, in piccolissima parte, incapsulamenti del materiale.

Per chi volesse approfondire, gli atti del convegno del 5 maggio 2016 sono pubblicati sui siti della del Centro di cultura e prevenzione http://www.lavoroeformazioneincomune.it/centro-cultura-prevenzione-luoghi-lavoro-vita/ e della Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (Ciip) http://www.ciip-consulta.it/

Interessanti anche i dati pubblicati da Arpa Lombardia all’indirizzo http://ita.arpalombardia.it/ita/settori/amianto/index.asp.

28 aprile 2016. Giornata mondiale della salute e sicurezza sul lavoro. Rlst di Asle in azione per prevenire i rischi di infortunio e gli incidenti mortali

Stress sul lavoro: una sfida comune. Questo il tema scelto dall’Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO) nella Giornata mondiale per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro che si celebra oggi, 28 aprile 2016. “A causa dei cambiamenti industriali e dell’attuale recessione economica – si legge nel comunicato stampa ILO – oggi i lavoratori si confrontano con i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e con le ristrutturazioni, la diminuzione delle opportunità lavorative, l’aumento della precarietà, la paura di perdere il lavoro, i licenziamenti massicci, la disoccupazione, la diminuzione della stabilità finanziaria, con serie conseguenze per la loro salute mentale e per il loro benessere”.

Lo stress da lavoro viene generalmente riconosciuto come una questione mondiale che riguarda tutti i paesi, tutti i mestieri e tutti i lavoratori, sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo ma non è l’unica causa di rischio per i lavoratori. In Italia, infatti, nel 2015 il trend degli infortuni mortali ha ricominciato a crescere dopo una diminuzione tendenziale protrattasi per un decennio. Il settore delle costruzioni è stato il più colpito e ha fatto registrare il numero più alto di vittime: 69 morti, il 15% del totale degli infortuni mortali del settore industria secondo i dati Inail. Inoltre a un’analisi condotta da Cisl Lombardia sui dati delle Agenzie di Tutela della Salute (Ats ex Asl), nel 2015 in Lombardia un terzo dei morti sul lavoro, 16 su 44 decessi, aveva più di 61 anni, di cui 5 over 70.

I settori maggiormente colpiti dal fenomeno sono stati industria, edilizia e agricoltura. Tra le province la più colpita è quella di Brescia, con 12 decessi over 61, contro i 4 del 2014, e poi Milano con 4 casi contro 1 del 2014.

In questo contesto emerge l’importanza del lavoro svolto dal Rappresentante per la sicurezza dei Lavoratori, figura prevista dal D.Lgs 81/08 a cui è demandato il compito di controllare e stimolare il rispetto delle regole in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. Attraverso la figura del Rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, i lavoratori hanno la possibilità di partecipare attivamente al sistema di valutazione e prevenzione dei rischi dell’ambiente di lavoro. In particolare, scopo principale del Rappresentante territoriale per la sicurezza dei lavoratori dell’edilizia (Rlst) di Asle, destinato alle imprese del settore Costruzioni nei territori di Milano, Lodi, Monza e Brianza con meno di 15 dipendenti che non eleggono il Rls aziendale, è quello di vigilare e promuovere una speciale attenzione sui temi di prevenzione, salute e sicurezza attraverso incontri informativi con i lavoratori e colloqui diretti anche con il datore di lavoro e le altre figure della sicurezza in cantiere (Coordinatore, Rspp, preposto, medico del lavoro). L’obiettivo è diffondere l’importanza della cultura della sicurezza tra i lavoratori del settore edile, per prevenire i rischi di infortunio, gli incidenti mortali e le malattie professionali.

Edilizia rischio elevato, il datore di lavoro vigila su prevenzione, salute e sicurezza. Si parte dalla formazione ai lavoratori

Secondo il Codice ATECO 2007 il comparto Costruzioni rientra nelle attività ad alto rischio. In tale contesto in caso di infortunio la responsabilità della vigilanza e del controllo viene attribuita anzitutto al datore di lavoro (D.Lgs 81/08 artt. 17 e 18). L’affermazione implica obblighi nei confronti dei lavoratori e dei sottoposti. In particolare viene attribuito al datore di lavoro l’obbligo di vigilanza e controllo delle lavorazioni che devono avvenire sempre in sicurezza. Tanto più che in giurisprudenza vige il consolidato principio in base al quale il sistema prevenzionistico mira a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possono derivare da una sua negligenza, imprudenza e imperizia. Solo nel caso in cui il comportamento del lavoratore sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli, allora il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità. In sintesi il datore di lavoro deve dimostrare di avere ottemperato all’attività di prevenzione a norma di legge, in primis alla formazione dei sottoposti: lavoratori, preposti e dirigenti, oltre che di se stesso nel caso in cui decida di assumere l’incarico aziendale di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (Rspp), art. 34 D. Lgs 81/08.

Oggi per essere in regola occorre attestare che la formazione aziendale sia in linea con le indicazioni di contenuto (formazione generale e specifica) e di aggiornamento previste dall’Accordo Stato Regioni del 11.01.2012.

I lavoratori prima di essere assunti, e comunque non oltre i primi 60 giorni di attività, devono essere formati attraverso il modulo di formazione generale della durata di 4 ore, da aggiungere alla formazione specifica, 12 ore, relativa alla tipologia di mansione affidata. Inoltre se il lavoratore assume il ruolo di Rappresentante per la Sicurezza dei Lavoratori (Rls), dovrà essere ulteriormente formato al ruolo, 32 ore, mentre se svolge l’attività di preposto dovrà frequentare le ulteriori 8 ore di formazione particolare aggiuntiva per preposti. La valutazione dell’apprendimento dei contenuti dei corsi di formazione è prevista per preposti e dirigenti ma non per i lavoratori. Per tutti l’aggiornamento è programmato a cadenza quinquennale per 6 ore d’aula su argomenti che non ripropongano contenuti già insegnati in precedenza ma integrino i moduli formativi pregressi. Infine, per essere valida in sede di giudizio la formazione deve essere eseguita da soggetti abilitati, preferibilmente in accordo con gli enti bilaterali.  Per il settore edile il territorio di Milano, Lodi, Monza e Brianza il riferimento è il Comitato Paritetico Territoriale www.cptmilano.it.

Testo dell’Accordo Stato Regioni del 11.01.2012

accordo_21-12-2011_formazione_lavoratori

Scambio di informazioni e cooperazione tra impresa appaltatrice e fornitori aiutano la prevenzione per la sicurezza dei lavoratori in cantiere

Ecco come fare. Mera fornitura di materiali o fornitura e posa in opera? Questo lo spartiacque che obbliga l’impresa a redigere il Piano operativo di sicurezza (Pos). Lo chiarisce bene la circolare n. 2597 del 10 febbraio 2016 emanata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La mera fornitura di calcestruzzo preconfezionato nei cantieri temporanei o mobili come si desume dalla lettura coordinata degli art. 96 c.1/bis e art. 26 c.3/bis del Dlgs.81/08, esonera il datore di lavoro dell’impresa fornitrice dall’obbligo di redazione del Pos e dall’obbligo di partecipazione alla redazione del Documento unico di valutazione dei rischi interferenti (Duvri). L’ipotesi della “mera” fornitura che esenta dall’obbligo di redazione del Pos prevede che il lavoratore della ditta fornitrice non partecipi in alcun modo alla posa in opera del calcestruzzo, per esempio manovrando la benna o il secchione. Altrimenti si tratta di fornitura e posa in opera.

All’azienda che esegue la sola fornitura di calcestruzzo preconfezionato restano comunque gli obblighi di cooperazione e coordinamento delle informazioni di sicurezza riguardanti le operazioni di trasporto, da condividere con l’azienda appaltatrice. Se dunque da un punto di vista strettamente formale, per quanto attiene agli adempimenti ai sensi del D.Lgs.81/08 in carico al fornitore, non è dovuta documentazione alcuna, ai fini di un necessario coordinamento tra impresa fornitrice ed impresa esecutrice si deve attivare la seguente procedura. In particolare, il datore di lavoro dell’impresa esecutrice:

· Informa l’impresa fornitrice dei rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui essa è destinata ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza ivi adottate

· Promuove il coordinamento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, coordinandosi e informandosi reciprocamente con l’impresa fornitrice, al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva

· Riceve dal fornitore le informazioni relative alla tipologia e caratteristiche tecniche dei mezzi utilizzati, al numero di operatori presenti e mansione svolta, ai rischi connessi alle operazioni di fornitura che verranno eseguite in cantiere.

· Trasmette all’impresa fornitrice, derivandoli anche dal Psc e/o dal Pos, i dati riferiti all’area di cantiere, agli accessi ed alla viabilità, alle caratteristiche della postazione di stazionamento per il getto e dell’area di lavaggio nonché i nominativi del Coordinatore e del preposto.

· Informa l’impresa fornitrice sulle procedure di emergenza, incendio, evacuazione e di pronto soccorso desunte dal piano di sicurezza e coordinamento ove previsto.

Entrambi i soggetti, nel proprio Pos l’impresa esecutrice e nel proprio Dvr l’impresa fornitrice, individuano i rischi correlati a ciascuna fase di lavoro e le procedure dettagliate da mettere in atto al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori, qualora siano presenti i singoli rischi e/o laddove non siano state adottate misure organizzative volte ad eliminare tali rischi nelle seguenti fasi:

· Accesso e transito dei mezzi nel cantiere

· Operazioni preliminare di scarico calcestruzzo

· Operazioni di scarico in benna o secchione movimentato con grù

· Scarico diretto con canala aggiuntiva

· Scarico in pompa di calcestruzzo

· Operazioni di pompaggio

· Operazioni finali di riassetto del mezzo e pulizia

· Uscita dal cantiere

Il datore di lavoro deve infine verificare la presenza della scheda di sicurezza del calcestruzzo. Per la sicurezza dei lavoratori è fondamentale che il datore di lavoro renda disponibili le schede di sicurezza sul luogo di lavoro, che le stesse siano aggiornate e redatte nella lingua del Paese di utilizzo e che i lavoratori consultino costantemente le schede di sicurezza durante lo svolgimento della propria attività lavorativa.

Le schede di sicurezza, infatti, specificano la qualità e il grado di pericolosità dei materiali e forniscono tutte le informazioni per una corretta gestione e utilizzo dei prodotti chimici, anche con l’indicazione del giusto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Cantiere, la buona qualità dei sistemi di gestione di sicurezza dei subappaltatori contrasta l’aumento degli incidenti mortali

Oggi in Italia il numero degli infortuni mortali aumenta. I dati Inail 2015 registrano un’inversione di tendenza nei casi di morte sul lavoro. Per la prima volta in dieci anni l’indice di mortalità è tornato a crescere attestandosi di nuovo a ridosso dei 3,5 decessi ogni 100mila occupati, nettamente al di sopra della media europea.

Con i suoi 132 casi di morti sul lavoro nell’anno 2015 pari al 15% del totale, il settore delle Costruzioni in Italia si colloca al primo posto nella graduatoria delle tipologie di lavoro più pericolose (dati osservatorio Vega Engineering).

Al secondo posto si trovano le Attività manifatturiere con 109 morti che rappresentano il 12,4%, seguite dal settore Trasporto e magazzinaggio con 91 decessi pari al 10,4%. Molto distanziati gli altri settori che presentano quote inferiori al 6%. L’aumento del numero di incidenti mortali sul lavoro è un fatto che va contro tutte le aspettative. Dal 2006 sino al dicembre 2014, infatti, la tendenza è stata in costante diminuzione.

Il dato, dunque, fa riflettere anche in ragione dell’incidenza evidenziata dal settore Costruzioni. Si tratta di un fenomeno preoccupante che è da attribuire soprattutto al fatto che nella maggior parte dei casi i cantieri sono realizzati da piccole e micro imprese subappaltatrici dove l’attenzione alla prevenzione dei rischi è spesso anteposta all’esigenza di concretizzare il risultato in tempi rapidi. Per contrastare l’andamento negativo occorre elevare il livello di conoscenza e consapevolezza dei rischi tra tutti gli operatori del settore, al fine di promuovere un’organizzazione lavorativa che diventi efficiente sotto il profilo della prevenzione.

La causa principale per la quale le morti sul lavoro in edilizia aumentano è da ricercare nelle criticità interorganizzative del sistema dei subappaltatori, nella gran parte costituito da piccole imprese con difficoltà a mettere a punto un efficiente sistema di prevenzione dei rischi.

Due sono gli elementi su cui puntare per mettere in sicurezza il cantiere edile. Da una parte assicurarsi che le aziende subappaltatrici mettano in atto buone prassi di prevenzione dimostrando anche di avere requisiti specifici per le lavorazioni richieste e rispettando i termini per la formazione continua e obbligatoria del personale. D’altro canto è indispensabile che l’impresa appaltatrice diventi sempre più capace di mettere in campo un sistema di gestione della sicurezza efficiente, in grado di colmare le carenze interorganizzative dei subappaltatori. Occorre dunque intervenire con azioni di promozione della cultura della sicurezza a tutti i livelli, anche attraverso campagne informative mirate indirizzate ai lavoratori e a tutti i soggetti che all’interno del cantiere ricoprono responsabilità specifiche.

Rischio chimico, un aspetto da non sottovalutare nel lavoro edile

Nel cantiere si utilizzano sostanze chimiche che possono provocare lesioni o malattie professionali. Si pensi all’utilizzo di solventi, adesivi, oli minerali, sostanze bituminose come sono le miscele, sia quelle utilizzate da decenni oppure quelle di recente introduzione. Purtroppo si rileva che un aspetto spesso sottovalutato sul cantiere riguarda la prevenzione dall’esposizione al rischio chimico. Nella maggior parte dei casi i prodotti chimici risultano nocivi e pericolosi per la salute del lavoratore. Inoltre, l’esposizione al rischio chimico può manifestarsi non solo in presenza di agenti chimici pericolosi ma anche a seguito di specifiche lavorazioni.

Il pericolo non è solo per la salute dei lavoratori ma anche per l’ambiente, quando l’impiego e lo smaltimento dei prodotti avviene in modo non corretto. L’esposizione alle sostanze può comportare rischi anche per la sicurezza, in quanto possono verificarsi incendi, esplosioni e ustioni chimiche.

Etichetta, schede di sicurezza e dispositivi di protezione individuale (Dpi)

Riconoscere gli agenti chimici dall’etichetta e apprendere le informazioni per il loro corretto utilizzo dalle schede di sicurezza del prodotto, unitamente al corretto uso dei Dpi costituisce una buona partenza per attivare una prevenzione personale contro il rischio da esposizione alle sostanze nocive.

Le informazioni riportate sull’etichetta, infatti, rappresentano il primo strumento per conoscere la pericolosità degli agenti utilizzati. Le schede di sicurezza completano e approfondiscono le indicazioni presenti sull’etichetta fornendo, attraverso l’utilizzo di specifici pittogrammi che segnalano la qualità e il grado di pericolosità, tutte le informazioni per una corretta gestione e utilizzo dei prodotti chimici, anche con l’indicazione del giusto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

E’ fondamentale che il datore di lavoro renda disponibili le schede di sicurezza sul luogo di lavoro, che le stesse siano aggiornate e redatte nella lingua del Paese di utilizzo e che i lavoratori consultino costantemente le schede di sicurezza durante lo svolgimento della propria attività lavorativa. Infine, il Piano operativo di sicurezza (Pos) deve contenere l’elenco degli agenti chimici utilizzati nel cantiere e le relative schede di sicurezza.

I dispositivi di protezione individuale per proteggersi dal rischio chimico

E’ importante controllare e pulire i Dpi dopo l’uso e riporli in luogo pulito. L’alternativa è utilizzare i Dpi monouso.

Per proteggersi dall’esposizione da rischio chimico i Dpi più utilizzati sono i seguenti: indumenti di protezione, guanti resistenti all’abrasione, occhiali di protezione e maschere per ridurre l’inalazione e il contatto degli agenti chimici con le vie respiratorie. Le maschere possono essere facciali, filtranti o antipolvere. Ci sono poi le calzature di sicurezza e le creme barriera che proteggono dal contatto con la pelle.

Fonte Inail: Opuscolo “Il rischio chimico nel settore edile”

Download il Pdf inail_rischio-chimico-in-edilizia

Le reti di sicurezza salvano la vita quando si decide di non allestire il ponteggio

La casistica degli incidenti da imputare ad una scarsa valutazione della tenuta delle strutture di copertura, lastre di eternit o vetroresina, è piuttosto ampia. Causata, troppo spesso, da inadempienze da parte degli operatori.

Le reti di sicurezza, per esempio, costituiscono l’attrezzatura che permette di prevenire incidenti e cadute dall’alto ai lavoratori ma non trovano ancora grande riscontro di impiego da parte delle imprese. Le si dovrebbe utilizzare dove ci sono rischi come nelle bonifiche amianto delle coperture o nel rifacimento delle orditure secondarie dei tetti in legno delle costruzioni rurali, soprattutto per porticati, fienili, stalle e spazi per l’allevamento.

Se l’allestimento di ponteggi per queste tipologie di lavoro è da ritenersi antieconomica, le reti di sicurezza costituiscono una risposta al problema sia per la facilità di posa sia per l’efficacia garantita da questa protezione collettiva che presenta ridotte ripercussioni sul lavoratore in caso di caduta. Ovviamente le reti non devono essere utilizzate se lo spazio vuoto sottostante è limitato oppure se esiste un rischio di caduta di materiale che ne potrebbe causare un sicuro danneggiamento. Evidenziati, dunque, i limiti del loro utilizzo si può affermare che le reti rappresentano una buona soluzione come dispositivo di protezione collettiva contro la caduta dall’alto, ovvero nei lavori in quota.

Le reti non sono sottoposte a marcatura CE specifica ma, in ogni caso, fanno riferimento in modo generico all’art. 123 del D.Lgs. 81/08 e, per la classificazione per Classe e Sistema, alle norme UNI-1263-1. la Classe distingue la larghezza della maglia e l’energia assorbita (Classe A1, A2, B1, B2) e il Sistema indica la tipologia del supporto della rete e l’impiego: orizzontale o verticale. Esistono quattro tipologie di sistemi: Sistema S,T,U,V.

Sistema S è la rete di sicurezza con fune sul bordo che incornicia e rinforza la zona perimetrale e alla quale vengono collegati i cavi di sollevamento e ancoraggio. Essa viene messa in opera in posizione orizzontale per proteggere da cadute una zona ampia dell’area di lavoro generalmente interna alla struttura da proteggere. Le reti di sicurezza del Sistema S devono avere una superficie minima di 35 mq e lato corto non inferiore a 5 m.

Sistema T è la rete di sicurezza attaccata a sbalzo, su telaio metallico di supporto, per utilizzo orizzontale, con un minor sviluppo superficiale rispetto al Sistema S e si presenta come una mensola agganciata alla parete esterna del corpo di fabbrica.

In riferimento invece ad una possibile alternativa per la protezione da caduta dall’alto, citiamo il Sistema U come rete di sicurezza attaccata a una intelaiatura di sostegno per utilizzo verticale (guardacorpo). Essa può avere o non avere un telaio proprio, fornito dal costruttore, e viene vincolata e agganciata all’intelaiatura di sostegno tramite idonea fune o cinghia.

In ultimo il Sistema V è la rete di sicurezza con fune sul bordo attaccata a un sostegno a forca. E’ a installazione verticale e protegge da cadute sia laterali che verticali che si verificano da due piani.

Rischi da lavori edili in spazio pubblico: interferenze e viabilità

La mancata gestione delle interferenze dei cantieri nel contesto urbano e viabilistico è fonte di incidenti e infortuni. La causa di tutto ciò sono le inadempienze che stanno all’origine del fenomeno. Ci preme qui richiamare, in ogni caso, gli aspetti principali da valutare in sede di elaborazione di un Piano di Sicurezza e Coordinamento (Psc) e di un Piano operativo di sicurezza (POS), soprattutto in considerazione del fatto che per lavori di recupero del costruito e di manutenzione straordinaria, le aree di cantiere risultano molto ridotte e spesso con elevate difficoltà nella gestione degli approvvigionamenti di materiali. Ne deriva un alto grado di interferenza con la viabilità stradale e gli spazi adiacenti, in un contesto in cui si evidenziano gravi carenze nelle procedure di carico e scarico e nella cartellonistica segnaletica. La strada, infatti, spesso è anche l’area di cantiere. Il ricorso a macchine operatrici, muletti, autobetoniere, carrelli elevatori, che nella movimentazione dei carichi sostituiscono le gru, pone seri problemi nella gestione delle interferenze e nella prevenzione dei rischi infortuni. Tre i casi su cui occorre puntare l’attenzione: la movimentazione dei carichi con macchine e attrezzature; gli spazi di manovra e la necessità delle segnalazioni; i fabbricati adiacenti, cortili, condomini e pedoni.

Movimentazione dei carichi con macchine e attrezzature

Quando la breve durata degli interventi edilizi o l’indisponibilità dell’area per l’alloggiamento di una gru o per deposito materiali non ci permettono di considerare adeguato il ricorso a tradizionali macchine operatrici di movimentazione dei carichi, è utile valutare attentamente le opportune alternative. Le attrezzature più utilizzate sono in gran parte costituite da auto scale, argani e paranchi, elettrici o manuali, e macchine come il carrello elevatore. Su argani e paranchi si veda l’Elmetto giallo n. 7 http://www.lelmettogiallo.it/riviste/numero-07/arganello-ecco-come-usarlo-in-sicurezza/, mentre qui preme evidenziare le possibili interferenze con le proprietà sottostanti al livello di installazione di queste attrezzature.

Dovuta è la comunicazione all’amministratore condominiale della tipologia di lavori che si andranno ad eseguire, è inoltre indispensabile informare direttamente i condomini interessati dallo spazio di carico e scarico dei materiali e stabilire degli orari per effettuare le operazioni. Infine occorre sorvegliare scrupolosamente la movimentazione dei carichi necessariamente a ridosso di finestre e balconi. Allo scopo è bene prevedere la presenza di un operaio a terra, in area transennata e segnalata, addetto a ricevere o a imbracare il carico. Indispensabile anche un addetto alla manovra dell’argano nella zona di lavoro.

Gli spazi di manovra e la necessità delle segnalazioni

L’utilizzo su suolo pubblico del carrello elevatore o di macchine operatrici come autobetoniere e autopompe impone di considerare obbligatoriamente l’occupazione temporanea di una strada o la sua momentanea chiusura. Non esistono operazioni, anche temporaneamente brevi, che possono esser svolte in deroga. In relazione a ciò seguono tutte le disposizioni previste dal Codice della Strada e dal Regolamento di Polizia Urbana che garantiscono la tutela della viabilità veicolare e ciclopedonale.

In altre parole in questi casi per prevenire i rischi occorre eseguire alcune operazioni:

verificare gli spazi di manovra, i passi carrai e pedonali e la presenza di plessi scolastici o pubblici nelle vicinanze
valutare i livelli di rumorosità e degli scarichi inquinanti delle macchine operatrici in riferimento al luogo e all’esiguità degli spazi
attrezzare l’area con processi di abbattimento delle polveri
pulire sempre gli spazi utilizzati
utilizzare in modo adeguato e scrupoloso la cartellonistica segnaletica per indicare la presenza dei lavori in esecuzione e le situazioni di pericolo
attivare i dispositivi per l’illuminazione notturna, ed eventuali semafori
ricorrere, nelle vie a careggiata ridotta, ai movieri e a un coordinamento tra gli autisti dei mezzi pesanti e il preposto di cantiere
Fabbricati adiacenti, cortili, condomini e pedoni

Non di rado capita di constatare interferenze critiche tra un cantiere e gli edifici adiacenti, i condomini che attraversano aree cortilizie non protette o i pedoni che sui marciapiedi si vedono investiti di polveri e calcinacci. Per prevenire qualsiasi rischio occorre impedire ogni accesso ai luoghi di lavoro predisponendo appositi percorsi protetti e separati dalle lavorazioni. Gli eventuali teli dei ponteggi, su strada o sugli androni di accesso, devono essere opportunamente risvoltati al primo livello, in quanto le tavole da ponteggio e i ripiani metallici non sono a tenuta. La segnaletica deve inequivocabilmente essere chiara, ripetuta in prossimità delle zone di lavoro, per impedire l’accesso ai non addetti. La movimentazione dei carichi con la gru non deve essere assolutamente eseguita transitando i carichi su altre proprietà, né sopra le coperture dei tetti, soprattutto se esse sono abitate in sottotetto. Occorre prevedere ed utilizzare le adeguate protezioni sulle linee di transito dei materiali. Qualora l’accesso di terzi all’area di cantiere sia previsto, esso va regolamentato e va attuata una preventiva informazione sulle attività in corso.

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