Category Archives: Malattie professionali in edilizia

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Malattie professionali in aumento. Il 64% riguarda il sistema osteomuscolare legato alla movimentazione manuale dei carichi

Roma, 5 luglio 2017. Presentata a Palazzo Montecitorio la relazione annuale Inail.
Il presidente Massimo De Felice ha illustrato l’andamento del fenomeno infortunistico e delle malattie professionali. I dati 2016 confermano l’andamento crescente nella serie storica delle denunce di malattie professionali che sono state circa 60mila (circa 1.300 in più rispetto al 2015), con un incremento pari a circa il 30% rispetto al 2012. Ne è stata riconosciuta la causa professionale al 33%, il 4% è ancora “in istruttoria”.

Il 64% delle denunce è per malattie del sistema osteomuscolare legate alla movimentazione manuale dei carichi.

Riguardo gli infortuni mortali, delle 1.104 denunce (erano 1.286 nel 2015, 1.364 nel 2012) gli infortuni accertati “sul lavoro” sono 618 di cui 332, pari al 54%, “fuori dall’azienda”. Anche se i casi ancora “in istruttoria” fossero tutti riconosciuti “sul lavoro” si avrebbe una diminuzione del 12,7% rispetto al 2015 e di circa il 25% rispetto al 2012.
Complessivamente le denunce di infortunio registrate nel 2016 sono state poco meno di 642mila. Il dato non registra uno scostamento significativo rispetto al 2015 (+0,66%), mentre – se riferito al 2012 – la flessione è di circa il 14%. Gli infortuni riconosciuti “sul lavoro” sono poco più di 419mila, di cui circa il 19% “fuori dell’azienda”, cioè “con mezzo di trasporto” o “in itinere”. Ciò significa che sul luogo di lavoro sono migliorate le azioni di prevenzione messe in campo dal datore di lavoro.

Fonte INAIL

 

 

L’azione di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro si fa dialogando, in collaborazione con tutte le figure della sicurezza

Un approfondimento sull’importante tema della tutela della salute in edilizia e della corretta gestione dei rischi per prevenire l’insorgere di possibili malattie professionali.

Il seminario si è svolto stamattina presso la sede di Assimpredil in via S. Maurilio, 21 a Milano. Titolo: La tutela della salute in edilizia e le malattie professionali: momento di confronto. Presentati da Alfonso Cioffi dell’Ufficio Sicurezza sul Lavoro di Assimpredil sono intervenuti Enzandrea Prandi e Gabriella Zanoni di ATS – Città Metropolitana di Milano, Franco Frangi ATS Brianza, Silvia Podestà e Lorenzo Polo dell’Inail di Milano.
Una platea variegata formata prevalentemente da datori di lavoro, dirigenti, Rspp, preposti, tecnici della prevenzione, Rls e Rlst. Filo conduttore di tutti gli interventi il ruolo del medico competente nel suo rapporto con il datore di lavoro, nella sorveglianza sanitaria e nella valutazione dei rischi. Figura centrale non solo per le visite ai lavoratori ma anche per l’apporto richiestogli in fase di predisposizione del documento di valutazione dei rischi (Dvr), considerando la sua particolare competenza riguardo le tematiche igienico sanitarie di rischio nei luoghi di lavoro. Un medico competente che viene coinvolto dal datore di lavoro sulle azioni di prevenzione e tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e bene conosce l’ambiente di lavoro. “E’ innegabile – ha spiegato Cioffi – che Il Testo unico sulla sicurezza D.Lgs 81/08 pone la salute e la prevenzione nei luoghi di lavoro al centro. L’obiettivo, dunque, è quello di riportare l’attenzione su questi temi per riflettere anche sugli elementi più legati alla prevenzione e alla salute dei lavoratori”. 

L’incremento delle malattie professionali registrato negli ultimi anni porta infatti a considerare in modo più attento gli aspetti di cultura della prevenzione rispetto a quelli della sicurezza tout court, per inquadrare tutti gli interventi messi in atto in una visione collaborativa e di confronto tra tutti i soggetti che con il datore di lavoro sono coinvolti nel processo di prevenzione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Oggi, per contrastare l’aumento dei costi di gestione di infortuni e malattie professionali è necessario imparare a gestire in modo virtuoso il sistema di prevenzione e sicurezza partendo anzitutto da una compilazione corretta e dettagliata del Documento di valutazione dei rischi (Dvr), del Piano operativo di sicurezza (Pos) e del Piano di sicurezza e coordinamento (Psc).

Prandi ha illustrato la relazione sull’attività di vigilanza del gruppo di lavoro “Igiene del lavoro e sorveglianza sanitaria in edilizia” della ex Asl di Milano. Emerge l’importanza di predisporre la documentazione richiesta (Dvr, Pos e Psc) in modo preciso e non generico, in quanto essi devono rilevare i pericoli e identificare con precisione i rischi previsti nelle varie fasi di lavoro, prevedendo accorgimenti e modalità organizzative per lo svolgimento delle mansioni con l’obiettivo di  limitare al massimo il rischio per il lavoratore. Zanoni ha parlato dell’attivita tecnico sanitaria nei cantieri di lunga durata mettendo in evidenza l’importanza di indagare e ricostruire le dinamiche degli episodi in cui fortunatamente l’incidente non è accaduto, i così detti infortuni mancati, con un accento anche sulle responsabilità dei lavoratori soprattutto quando da parte del datore di lavoro sono stati rispettati tutti gli obblighi di informazione e formazione, di fornitura di attrezzature e dispositivi di protezione individuale. Frangi ha illustrato l’esperienza dell’ATS Brianza che lavora prevalentemente attraverso la predisposizione dei Piani mirati di prevenzione e dove l’attività di assistenza e quella di vigilanza demandata dal legislatore all’Agenzia di tutela della Salute si coniugano. Gli interventi di Podesta e Polo dell’Inail hanno messo in luce la nuova missione dell’Inail focalizzata sulla promozione della cultura della prevenzione e del benessere organizzativo nei luoghi di lavoro, con la promozione degli stili di vita tra lavoratori e cittadini. Illustrato l’andamento nell’ultimo quinquennio di infortuni, in diminuzione, e delle malattie professionali, in aumento, dovuto al fatto che sempre più le denunce di malattia professionale provengono da diverse fonti: non solo dal medico competente, ma anche dai medici di base, dagli ospedalieri e dal personale sanitario delle Uooml, l’Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro.

Formaldeide, cancerogeno del Gruppo 1. Rivedere il Documento di Valutazione dei Rischi

Il Regolamento UE n. 895/201, recante modifica all’ allegato XIV del Regolamento CE N. 1907/2006 (Regolamento Reach) precisa che la formaldeide risponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena – categoria B1 e che, a partire dal 1 gennaio 2016, tale classificazione comporta ai fini della gestione della salute e della sicurezza, l’applicabilità del D. Lgs. 81/08, Titolo IX, Capo II (Protezione da agenti cancerogeni e mutageni).

La formaldeide è causa di tumori naso-faringei e di una forma di leucemia. Il materiale si può trovare in molti prodotti per l’edilizia. Si citano, in particolare, il compensato di legno massiccio utilizzato per pannelli e accessori, le tavole di legno compensato usate per rivestimenti, armadi, ripiani e pavimentazione in legno laminato. Formaldeide è presente nei pannelli fonoassorbenti dei controsoffitti, nelle pareti divisorie degli uffici open space e si trova anche in alcune resine e collanti.

Nel caso di utilizzo di formaldeide in ambito aziendale risulta dunque necessario revisionare il Documento di Valutazione dei Rischi sulla base degli “obblighi del datore di lavoro” di cui agli articoli 235 e seguenti del Testo Unico sulla sicurezza (D. Lgs 81/08). Lo scopo è quello di “evitare o ridurre” l’utilizzo dell’agente cancerogeno (articolo 235 comma 1).
Va da sé che anche la sorveglianza sanitaria debba essere adeguata e aggiornata alle prescrizioni dell’articolo 242.

Formaldeide, rischio cancerogeno in edilizia. Che fare in caso di ristrutturazione

Formaldeide, rischio cancerogeno diffuso anche in edilizia. Scopri cosa fare in caso di ristrutturazione edile

In edilizia la formaldeide si può trovare in molti prodotti. Si citano, in particolare, il compensato di legno massiccio utilizzato per pannelli e accessori, le tavole di legno compensato usate per i rivestimenti, gli armadi, i ripiani e le pavimentazione in legno laminato. Formaldeide è presente anche nei pannelli fonoassorbenti dei controsoffitti, nelle pareti divisorie degli uffici open space e si trova in alcune resine e collanti. Inoltre la formaldeide si può sviluppare a seguito della degradazione dei materiali da costruzione. Si tratta di una sostanza cancerogena che può provocare tumori naso-faringei e una forma di leucemia. Normalmente la si trova allo stato gassoso, è incolore e dall’odore penetrante. Risulta solubile nell’acqua e viene catalogata come composto organico volatile (COV). Per questa sua caratteristica i prodotti che la contengono la rilasciano con molta facilità nell’aria circostante e diventa facile inalarla.

 

Ecco cosa fare in caso di ristrutturazione edilizia

Di seguito alcuni consigli pratici per affrontare il tema della formaldeide in edilizia nel caso di interventi di ristrutturazione e recupero edilizio. Anzitutto occorre fare attenzione ad alcuni prodotti in legno

Evitare l’uso di prodotti di legno contenenti resine urea-formaldeide (UF), quali:

  • compensato di legno massiccio utilizzato per pannelli, accessori e altri prodotti
  • tavole di legno compensato usate per rivestimenti, armadi, ripiani, pavimentazione in legno laminato;
  • tavole di legno a fibra di media densità (MDF) usato per ripiani, accessori, porte, pavimentazione in legno laminato.
  • armadi e pavimentazioni in laminato in quanto, se nuovi, contengono elevate quantità di formaldeide.

L’attuale norma europea distingue i pannelli di legno in tre diverse classi: E1, E2, E3 identificando con E1 la categoria a minore emissione. Pertanto un tecnico e il consumatore devono, ove non fosse fornita, richiedere la certificazione del pannello o mobile acquistato e preferire solo quelli della categoria E1 (bassa concentrazione di formaldeide) indicata nell’etichettatura.
 

Niente resine

Sostituire i vecchi materiali con quelli privi di resine come il legno massello, cartongesso, acciaio inossidabile, mattoncini forati, piastrelle e altri materiali di muratura.
 

Isolanti a bassa emissione di formaldeide

Favorire materiali d’isolamento che non emettano o siano a bassa emissione di formaldeide, quali i pressati di legno contenenti resine fenolo-formaldeide (PF) o resine metilen-diisocianati (MDI). Gli isolanti migliori sono quelli naturali, igroscopici e traspiranti. Evitare tinteggiature e vernici acriliche.
 

Verniciare e aerare

Aerare bene i locali durante e dopo l’applicazione di vernici, rivestimenti liquidi e carta da parati, anche utilizzando dei ventilatori. In caso di presenza di concentrazioni di formaldeide, rivolgersi ad un tecnico competente per la rilevazione come gli Esperti in Edificio Salubre presenti in ogni zona d’Italia.
 

Sistemi di ventilazione

In caso di nuove costruzioni oppure in occasione di una ristrutturazione rilevante è bene valutare l’installazione di un sistema di ventilazione meccanica controllata. Serve per risparmiare energia e contenere l’inquinamento indoor.
Parte delle informazioni pubblicate sono tratte dal seguente link: http://www.ediltecnico.it/36941/formaldeide-cancerogena-come-intervenire-in-edilizia/
 
 

Rischio da esposizione ai campi elettromagnetici in ambiente di lavoro, in arrivo un nuovo campo di applicazione per i Rlst di Asle

Entro il 1° luglio 2016 l’Italia dovrà recepire la Direttiva europea 2013/35/UE sulle disposizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici (Direttiva EMF) che abroga la Direttiva 2004/40/CE. Dal Governo italiano un passo avanti è stato fatto il 2 maggio 2016 quando il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, uno schema di decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva 2013/35/UE.

Il testo prevede modifiche al D.Lgs n. 81/2008 nella parte relativa al CAPO IV, del Titolo VIII, sulla “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici”. La Direttiva EMF limita anzitutto le esposizioni massime fissando i valori limite di esposizione (VLE) per gli effetti sensoriali e gli effetti sanitari, specificando che i VLE relativi agli effetti sanitari devono sempre essere rispettati. Si sottolinea poi l’importanza della valutazione dei rischi negli ambienti di lavoro, specificando che per valutare i rischi derivanti dai campi elettromagnetici è necessario “comprendere la natura dei campi presenti”.

Per chi si occupa di salute e sicurezza dei lavoratori come i rappresentanti per la salute e la sicurezza dei lavoratori Rlst di Asle per gli edili, e più in generale per tutti coloro che nel luogo di lavoro svolgono la mansione di Rls si segnala che la Direttiva si occupa anche di formazione informazione dei lavoratori (art. 6), di consultazione e partecipazione dei lavoratori in materia di sicurezza (art. 7) e di sorveglianza sanitaria (art. 8).

La Commissione Europea ha nel frattempo editato una “Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai campi elettromagnetici”, per aiutare i datori di lavoro a ottemperare gli obblighi previsti dalla Direttiva EMF e che a breve saranno recepiti anche dalla legislazione italiana.

Per approfondire visiona la documentazione.

direttiva-201335ue

commissione-europea_guida_campi_elettromagnetici

Più tutela per i lavoratori delle costruzioni. La Commissione europea propone l’inserimento del limite di soglia all’esposizione della silice cristallina respirabile a 0.1mg/mc

Un passo avanti per la salute e sicurezza dei lavoratori europei. Il 13 maggio scorso la Commissione Europea ha pubblicato il testo proposto per la revisione della Direttiva 2004/37/CE sulla protezione da agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro. La Commissione propone di rivedere i valori limite di esposizione per 13 agenti chimici e di ridurre i valori limite di esposizione professionale a sostanze cancerogene. L’aggiornamento più importante coinvolge direttamente il settore delle costruzioni e fa rientrare nell’elenco di sostanze, preparati e processi cancerogeni, l’esposizione a polveri di silice libera cristallina con un valore limite pari a 0.1 mg/mc. Come è risaputo le polveri di silice libera cristallina sono contenute negli inerti, nei cementi, si libera nei processi di produzione di mattoni, ceramiche, pietre, e questa nuova indicazione comporterà un sostanziale aggiornamento delle procedure di valutazione dell’esposizione, delle misure di prevenzione e non ultimo della compilazione del registro degli esposti. “Grazie a uno specifico accordo sottoscritto dalle parti sociali – si legge nel comunicato stampa della Commissione europea – alcune imprese tengono adeguatamente sotto controllo la concentrazione nell’aria di questa sostanza chimica, che resta tuttavia una delle principali cause della silicosi (malattia polmonare) e del tumore polmonare professionale. La proposta della Commissione intende tutelare i lavoratori in tutta l’UE, compresi quelli del settore delle costruzioni nel quale è occupato quasi il 70% di tutti i lavoratori esposti alla silice cristallina respirabile”. La proposta di modifica della Commissione stima di salvare centomila vite umane nei posti di lavoro nei prossimi 50 anni. La definizione del testo di legge dovrà ora passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio europei a cui seguirà la trasposizione negli ordinamenti nazionali con un tempo previsto in due anni. “La proposta – continua il comunicato –  si fonda su dati scientifici e giunge al termine di un ampio dibattito che ha coinvolto ricercatori, datori di lavoro, lavoratori, rappresentanti degli Stati membri e ispettori del lavoro. L’introduzione di questi valori limite determinerà un minor numero di casi di tumori professionali”.

http://ec.europa.eu/italy/news/2016/20160513_protezione_rafforzata_sostanze_cancerogene_it.htm

http://europa.eu/rapid/press-release_IP-16-1656_it.htm

 


Rischio amianto. Oggi i più esposti sono i lavoratori dell’edilizia

Oggi i lavoratori più esposti al rischio da amianto sono gli addetti alle bonifiche dei materiali con amianto che rientrano nella categoria degli edili. In ottemperanza alle disposizioni dettate dal D.Lgs 81/08 Titolo XIX, Capo III, sono stati messi a punto percorsi formativi finalizzati alla salvaguardia della salute dei lavoratori. Compito di Rls e Rlst dell’Edilizia è anche quello di vigilare affinché tutte le misure di prevenzione, salute e sicurezza vengano attuate dalle aziende e dai lavoratori addetti. Inoltre il Rappresentante per la sicurezza dei lavoratori può visionare attentamente i luoghi di rimozione e bonifica accertandosi che non permangano esposte tracce di materiale negli ambienti di lavoro. Il materiale così disperso, infatti, potrebbe essere inalato dai lavoratori non addetti alle operazioni di bonifica che normalmente non indossano i dispositivi di protezione previsti per la prevenzione all’ esposizione amianto.

Un seminario rivolto agli Rls per approfondire il loro ruolo nella valutazione della gestione del rischio amianto lo ha organizzato il Centro di cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita di Milano giovedì 5 maggio 2016 presso la sede di Viale D’Annunzio,15 in collaborazione con l’Associazione Italiana Esposti Amianto (Aiea) e il Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e del territorio.

Autorevoli e qualificati gli interventi dei relatori. Dopo l’introduzione di Giuseppina Corvino della Direzione Centrale Politiche del Lavoro, Sviluppo economico e Università Comune di Milano e la presentazione di Fulvio Aurora dell’Aiea, sono intervenuti Aldo Todaro della Clinica del Lavoro “Luigi Devoto” che ha illustrato le patologie collegate all’esposizione all’amianto. Dal 2009 lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha riconosciuto due nuove patologie professionali da denunciare: le neoplasie alla laringe e le neoplasie ovariche, che si aggiungono al cancro al polmone e mesotelioma. Arrigo Tassi e Battista Magna dell’Ats Milano – Città Metropolitana hanno spiegato il ruolo svolto dall’Ats riguardo il rischio amianto. Nel 2015 sono stati effettuati 6260 interventi in materia di amianto, oltre all’attività di formazione rivolta agli addetti di bonifica realizzata in collaborazione con l’Ente Scuola Edile Milanese (Esem). Inoltre, solo nella città di Milano l’Ats ha censito più di 6mila siti con materiali contenenti amianto. Molti di questi sono stati bonificati nel tempo con la rimozione di più di 42mila tonnellate di amianto.

Tiziana Tarroppio dell’Inail Direzione regionale Lombardia ha illustrato l’iter per il riconoscimento dell’esposizione all’amianto e della malattia professionale.

Tra gli Rls relatori: Michele Michelino del Comitato per la Difesa della Salute nei luoghi di lavoro e nel territorio, Margherita Napoletano del Coordinamento Rls sanità milanese e Modesto Prosperi, Rls del Comune di Milano. I numerosi contribuiti hanno fornito informazioni utili alla platea dei Rls, da utilizzare nell’individuazione e gestione del rischio amianto.

In Lombardia, secondo i dati dell’Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente nel 2012, data dell’ultima  mappatura amianto effettuata da  Arpa Lombardia, restavano da rimuovere oltre 2milioni di metri cubi di amianto, contro 2,8 milioni del 2007. Nel lasso di tempo considerato le bonifiche effettuate hanno prodotto complessivamente una riduzione pari al 27% dovuta alle operazioni di bonifica attraverso rimozioni, demolizioni e, in piccolissima parte, incapsulamenti del materiale.

Per chi volesse approfondire, gli atti del convegno del 5 maggio 2016 sono pubblicati sui siti della del Centro di cultura e prevenzione http://www.lavoroeformazioneincomune.it/centro-cultura-prevenzione-luoghi-lavoro-vita/ e della Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (Ciip) http://www.ciip-consulta.it/

Interessanti anche i dati pubblicati da Arpa Lombardia all’indirizzo http://ita.arpalombardia.it/ita/settori/amianto/index.asp.

LODI. Al Convegno su malattie professionali e infortuni, Asle partecipa alla tavola rotonda con il contributo degli Rlst

Il contributo di Asle che ha partecipato attivamente alla discussione promossa nella tavola rotonda nell’ambito del Convegno organizzato da Inail, Osservatorio Lavoro Salute e Sicurezza di Lodi, Asl di Lodi – Regione Lombardia, Camera di Commercio di Lodi il 6 novembre 2015, ha sottolineato la presenza del problema relativo all’utilizzo improprio di spazi pubblici per le manovre di cantiere. “In particolare – si legge nella relazione presentata da Asle – si rileva che nei cantieri visitati dagli Rlst la maggiore criticità è rappresentata dalle gravi interferenze viabilistiche, con rischi aggiuntivi per la circolazione dei pedoni sulla strada e nelle aree condominiali, nei lavori di recupero del patrimonio edilizio esistente in corrispondenza di mancate delimitazioni di aree di cantiere. In definitiva per una corretta prevenzione dei rischi – si conclude – è meglio occupare suolo pubblico o chiudere una strada che utilizzarle come zona di movimentazione o temporaneo deposito”. Il convegno ha fatto il punto su infortuni e malattie professionali nel Lodigiano per il periodo 2010-2014. Complessivamente il trend è in discesa, gli infortuni sono in diminuzione ma nel settore delle costruzioni tra le piccole e piccolissime imprese accade il maggior numero di eventi, circa il 60%.
Le cause di rilievo sono la perdita di controllo di mezzo o attrezzatura, la caduta di persona dall’alto, i movimenti scoordinati. Tra le tre casistiche continua a non dare segni di diminuzione la prima, quella dovuta alla perdita di controllo di mezzo o attrezzatura.

Scarica l’allegato: Relazione di Asle sull’attività degli Rlst nella provincia di Lodi
relazione-su-attivita-rlst-in-provincia-di-lodi

RISCHIO DA ESPOSIZIONE AI RAGGI SOLARI E LE MALATTIE DELLA PELLE

Un pericolo insidioso, sottovalutato e nascosto. Si tratta dell’esposizione ai raggi solari – in particolare gli ultravioletti – durante l’attività lavorativa, più frequente nei mesi estivi e, tuttavia, non assente in ambiente chiuso quando ci si espone alle radiazioni ottiche artificiali (art. 214 D.Lgs 81/08). Un rischio difficile da valutare in ambito lavorativo perché le radiazioni solari non sono generalmente percepite come pericolose e perché presenti sia in ambito lavorativo quando si lavora all’aperto come nel caso degli operai edili, agricoltori, cavatori , marittimi ecc… sia durante il tempo libero, nella vita privata quando si praticano attività sportive e ricreative all’aria aperta o si fa uso delle lampade abbronzanti. Lo studio condotto da ISPO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze) sulla casistica del Registro Tumori Toscano relativa ai tumori della pelle non melanoma ha dimostrato la complessità nella valutazione dell’incidenza professionale sulle malattie della pelle causate dall’esposizione alle radiazioni solari. In particolare dei 733 lavoratori intervistati il 27% ha dichiarato di aver effettuato lavori all’aperto, il 46% dei soggetti dichiara di avere avuto scottature, mentre una percentuale del 38% dice di fare attività ricreativa all’aperto e il 15% ha fatto uso di lampade abbronzanti. In ogni caso i lavoratori outdoor ricevono 3 volte la dose di radiazioni UV dei lavoratori indoor.
I dati sono stati presentati a Firenze il 18 aprile 2012 nell’ambito del Seminario dal titolo “Piano mirato regionale sul rischio di radiazione ultravioletta solare nei lavoratori outdoor” e dimostrano la complessità di definire l’esposizione alle radiazioni solari per il singolo lavoratore e di confrontare i livelli di esposizione per analoghe categorie professionali. Dunque, si tratta di un rischio subdolo, decisamente difficile da quantificare per quanto riguarda la sua incidenza in termini di malattia professionale. Tanto più che le radiazioni solari in quanto tali non sono trattate come rischio specifico nemmeno nel D.Lgs 81/08, che contempla le radiazioni UV A,B,C solo nell’ambito delle radiazioni artificiali al già citato art. 214, e per le quali si prevede una precisa procedura nell’individuazione e trattazione del rischio, da inserire nel Documento di valutazione dei rischi e nel protocollo di Sorveglianza sanitaria. Tuttavia, siccome le radiazioni solari si compongono per il 6% da raggi UV, classificati dallo IARC* come agenti cancerogeni, è facile supporre che l’esposizione alle radiazioni solari per un prolungato lasso di tempo a causa lavorativa, come capita anche agli operai edili nei cantieri all’aperto, sia nociva per la salute delle persone soprattutto se questo rischio è associato o si sovrappone contemporaneamente ad altri fattori di rischio e insiste sullo stesso soggetto. Pensiamo ad esempio a un operaio edile impegnato d’estate in un cantiere stradale: la persona si trova contemporaneamente esposta al rischio radiazione solare UV e al rischio da esposizione a IPA.

LE MALATTIE DELLA PELLE
E’ certo che in ottemperanza all’art. 28 del D.Lgs 81/08 che tratta la valutazione del rischio, “la valutazione deve riguardare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori”, rischi che in quanto tali devono essere inseriti nel protocollo di Sorveglianza sanitaria e correttamente monitorati dal medico competente, che relativamente alle radiazioni UV deve procedere a particolari verifiche anche in base al contesto clinico e di anamnesi del soggetto (pelle e occhi chiari, scottature, presenza di nevi, familiarità. E’ dimostrato che l’incidenza dei tumori della pelle è in aumento a livello mondiale e in particolare che l’esposizione cumulativa a radiazione UV è determinata sia da motivi occupazionali che ricreativi. Studi condotti in varie parti del mondo hanno osservato un’associazione significativa tra tumori della pelle e lavori all’aperto. Infine si rileva che l’aumento dell’incidenza del tumore della pelle (non melanoma tosi) ha un forte impatto sulla spesa sanitaria anche in termini di assenza dal lavoro per malattia.
Le malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità sono la cheratosi attinica, dovuta ad agenti fisici e i tumori: melanoma cutaneo e epiteliomi cutanei (non melanoma).

* IARC: International Agency for Research on Cancer. L’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro che identifica i fattori ambientali che incidono sul rischio cancro. Nell’ambito delle monografie IARC i raggi ultravioletti sono considerati fattori cancerogeni
classificati tra i 108 agenti del Gruppo 1. Gli studi IARC sono utilizzati dalle agenzie nazionali per la salute come supporto scientifico alle loro azioni per prevenire le esposizioni ai potenziali cancerogeni.

DPI E PREVENZIONE ALL’ESPOSIZIONE UV, UN PICCOLO VADEMECUM SU COME COMPORTARSI

L’utilizzo dei DPI e il comportamento del lavoratore possono influire significativamente sulla dose di UV assorbita. Le protezioni individuali come gli indumenti coprenti, i cappelli, gli occhiali da sole e i filtri per la protezione contro le radiazioni solari* sono necessarie per ridurre l’esposizione, in particolare in nei casi in cui non sia possibile lavorare in zone d’ombra, sotto ripari o schermi.
Un indumento protettivo è il cappello a tesa larga e circolare (almeno 8 cm) con protezione anche sulle orecchie, naso e collo. I cappelli da legionario sono ottimali, mentre i berretti da baseball con visiera non forniscono la protezione per le orecchie e per il collo che essendo aree particolarmente fotoesposte dovranno comunque essere protette dalle radiazioni UV, ad esempio con l’applicazione di creme solari.
Studi medici hanno dimostrato che gli agricoltori australiani che indossano il cappello a tesa larga riportano sulla fronte una dose 6 volte minore di assorbimento dei raggi UV, sul naso 3 volte minore, sulle guance 2 volte miniore.
Le creme solari hanno dimostrato la loro validità nel ridurre l’incidenza sia di alterazioni neoplastiche epiteliali della cute che di fotoinvecchiamento. Però bisogna fare attenzione ai possibili effetti fotoallergenici e fototossici associati all’ esposizione simultanea a sostanze chimiche ( es. antiparassitari) o vegetali (es. bergamotto, ombrellifere).
E’ dunque necessario che la scelta della crema solare sia effettuata con il coinvolgimento del medico competente.
COSA FARE
Si consiglia di creare, quanto più è possibile, zone d’ombra dove poter lavorare all’aperto. In caso di impossibilità a lavorare all’ombra è opportuno l’utilizzo di DPI specifici per proteggersi dalle radiazioni e utilizzare buone pratiche di comportamento che favoriscono la riduzione all’esposizione, come ad esempio, lavorare nelle ore in cui i raggi solari sono meno violenti, evitando di sporsi a torso nudo.

PICCOLO VADEMECUM
1) I raggi solari sono molto più intensi tra le 12 e le 16. Prova a ridurre il più possibile la tua attività in queste ore. Se puoi sosta all’ombra durante i pasti e gli intervalli di riposo.
2) Anche quando il cielo è nuvoloso vi è esposizione alla radiazione solare UV. Le nuvole, infatti, non sono in grado di bloccare il passaggio dei raggi ultravioletti. Vento e nuvole, riducendo la sensazione del calore del sole sulla pelle possono indurre a pensare che non vi sia il rischio di scottature, in realtà questo non è vero, pertanto proteggiti adeguatamente anche in queste situazioni.
3) Quando lavori al sole, anche se fa caldo non toglierti i vestiti (mai esporsi a dorso nudo), usa invece indumenti traspiranti e comodi che non ostacolino i movimenti.
4) Vai alla ricerca dell’ombra tutte le volte che è possibile. Ombrelloni, tende, gronde e alberi forniscono ombra. Lavorare nelle zone ombrose ti aiuta a ridurre i danni provocati dal sole e nella tua azienda dovrebbero essere create idonee zone d’ombra.
5) Prevedi una rotazione dei compiti tra attività all’aperto e al chiuso e attività al sole e all’ombra.
6) Proteggi il corpo, la pelle e gli occhi: usa abiti di colore scuro che proteggono di più dal sole, usa pantaloni lunghi e maglietta con le maniche. Fa in modo che cappelli a tesa larga e occhiali da sole diventino parte della tua divisa.

ALCUNI DATI
Dei 733 lavoratori intervistati dallo studio ISPO (Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze) sulla casistica del Registro Tumori Toscano relativa ai tumori della pelle non melanoma risulta quanto segue:
• il 19% del campione utilizza creme protettive durante le ore di lavoro mentre il 26% usa le creme durante le attività ricreative.
• Sui controlli dermatologici, il 74% dice di non aver mai fatto visite dermatologiche, il 15% ha fatto una sola visita, solo il 2,7% effettua visite periodicamente.
• Per quanto riguarda l’abbigliamento usato durante il periodo estivo risulta che il 73,3% usa una maglia corta, solo il 17,6% una maglia lunga. Il 28% è a dorso nudo e il 29,6% in canottiera.
• Il cappello è usato nel 64,5% dei casi e gli occhiali solo nel 40%.

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