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Vaucher lavoro in edilizia, meglio di no. Se si fa, ecco come e tutti i limiti da rispettare: pena, la maxisanzione

D. Lgs n.81 del 15 giugno 2015 introduce importanti novità riguardo l’utilizzo dei vaucher lavoro estendendoli a tutte le categorie garantendo, nel contempo, la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati. In particolare, per lavoro accessorio si intendono le attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori ai 7.000 euro (lordo e 9.333) in un anno. Rimane immutato il limite di 2.000 euro per le prestazioni rese nei confronti del singolo committente, imprenditore o professionista. E’ confermata la possibilità, per i percettori di prestazioni integrative del salario, di effettuare prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3000 euro all’anno.
Si specifica, però, che in edilizia nonostante l’estensione del buono lavoro a tutte le categorie, il vaucher non si può utilizzare per i rapporti di lavoro regolari tra imprenditori (appaltatori e/o sub appaltatori) e operai.
C’è però un’eccezione. Infatti, anche in edilizia il vaucher lavoro è ammesso solo ed esclusivamente se il rapporto di lavoro si verifica tra il committente, nella sua veste di committente imprenditore e non di appaltatore o sub appaltatore dell’opera in costruzione, e il prestatore di lavoro. Anche in questo caso è necessario rispettare due criteri fondamentali: quello del rapporto diretto, da committente a un prestatore, e quello del limite economico stabilito dalla legge per il lavoro accessorio. Ad esempio, se un committente imprenditore deve eseguire dei lavori di manutenzione presso il magazzino della sua azienda, può servirsi di un prestatore d’opera a lavoro accessorio e retribuirlo regolarmente con i vaucher, a patto che nell’arco dell’anno civile il rapporto occasionale per la retribuzione del prestatore non superi l’entità economica di 2.000 euro.
In tutti gli altri casi ci si espone al rischio sanzionatorio. Dunque, stante i limiti imposti dalla legge utilizzare i vaucher lavoro in edilizia risulta difficile o quanto meno di rara attuazione.
Inoltre, con le novità introdotte dal D. Lgs n.81 del 15 giugno 2015 si specifica che il committente titolare di partita iva, imprenditore o professionista, è obbligato ad acquistare i vaucher lavoro che intende utilizzare attraverso procedure predefinite (o in via telematica sul sito Inps, o dal tabaccaio, o in banca), che rendono assolutamente tracciabile l’acquisto del buono lavoro. Il committente, poi, prima dell’inizio dell’attività di lavoro accessorio deve effettuare la dichiarazione di inizio della prestazione che intende compensare con i buoni lavoro. Occorre dichiarare preventivamente all’Inps/Inail l’attivazione dei vaucher. La dichiarazione dovrà contenere l’anagrafica di ogni prestatore e il relativo codice fiscale, la data di inizio e di fine presunta dell’attività lavorativa, e il luogo di svolgimento della prestazione. La mancata comunicazione all’Inps/Inail prevede l’applicazione della maxisanzione, da 1.500 a 12.000 euro per ogni lavoratore irregolare, di cui all’art. 4, comma 1, lett. a) della legge n. 183/2010 come indicato nella circolare Inps n. 157 del 7/12/2010.

Indicazioni per una valutazione delle verifiche strutturali di edifici

Dedicato alle microimprese, spesso oberate dagli adempimenti burocratici e di documentazione che interferiscono con il lavoro di organizzazione in cantiere fagocitando le risorse a disposizione.
Direttamente dall’osservazione e dall’esperienza degli Rlst di Asle sul territorio ecco alcuni accorgimenti da seguire per meglio tutelare la sicurezza dei lavoratori in ambiente di lavoro, soprattutto quando si opera per le opere di restauro, di risanamento conservativo, di manutenzione straordinaria e ristrutturazione.

Ecco come fare per agire in sicurezza
Il recupero del patrimonio edilizio esistente, in particolare dei beni artistici e architettonici, comporta tutta una serie di valutazioni sui corpi di fabbrica da restaurare che sono necessariamente preliminari alla definizione delle metodiche di intervento. Contestualmente alla individuazione degli interventi di messa in sicurezza, si deve condurre una campagna diagnostica finalizzata all’ approfondimento delle informazioni strutturali desunte sulla base dei rilievi effettuati. Per quanto attiene alle metodologie di indagine da eseguire sugli edifici vanno selezionate alcune prove in grado di caratterizzare le tipologie degli elementi strutturali principali, le loro caratteristiche meccaniche e chimico fisiche, la presenza di discontinuità strutturali e/o di vuoti.

Rilevamento diagnostico strutturale
Al fine di individuare la tensione locale di compressione e le caratteristiche di resistenza a rottura e deformabilità delle murature nelle zone ritenute più significative si possono effettuare prove con martinetti piatti, singoli e doppi.
Con lo scopo invece di definire la tipologia della sezione muraria si può ricorrere a indagini endoscopiche, carotaggi o piccole brecce, eventualmente accoppiate a prove soniche, meno invasive ed in alternativa alle precedenti, visto che con la misura delle velocità di propagazione delle onde meccaniche è possibile indagare le caratteristiche delle murature evidenziando l’eventuale presenza dl cavità o lesioni interne.
In presenza di strutture in cemento armato con uno sclerometro manuale o elettronico si possono condurre indagini sui calcestruzzi finalizzate alla determinazione della resistenza a compressione del cls e della durezza superficiale del getto. Le indagini ultrasoniche dirette servono invece per evidenziare microfessure, bolle d’aria, discontinuità, danni provocati dal gelo, inclusione di corpi estranei mentre quelle pacometriche vengono condotte per la rilevazione dei ferri d’armatura e del loro diametro.

Relazione tecnica preliminare
A seguito di una valutazione sulle tipologie di prove da condurre sulle strutture esistenti per evidenziare le caratteristiche dei materiali, analizzati i risultati, andrà redatta una relazione tecnica che se da una parte definirà una puntuale descrizione dei lavori di consolidamento, restauro o risanamento conservativo, da eseguire, dall’altra fornirà le indicazioni specifiche per pianificare la sicurezza, opere provvisionali, ponteggi anche strutturali, procedure di rinforzo e sostituzione di elementi portanti con l’ausilio di attrezzature, demolizioni parziali controllate e tecniche di rimozione con puntellamenti d’opera. Risulta evidente che in fase esecutiva potrebbero riscontrarsi variabili significative in ragione di situazioni difficilmente prevedibili nella loro complessità che, a quel punto, andrebbero attentamente monitorate aggiornando di volta in volta anche le procedure di sicurezza.

Demolizioni: quello che c’è da sapere

Le demolizioni non sono attività standardizzabili. Il momento della demolizione deve essere considerato come un processo costituito da una successione di operazioni ad ognuna delle quali corrisponde un particolare schema statico. Da alcuni anni i processi di demolizione delle opere sono stati oggetto di fasi evolutive che ne hanno investito sia la scientificità delle procedure che le tecnologie esecutive.
L’assenza di un piano preordinato di demolizione e l’affidamento delle possibili problematiche al solo intuito dell’operatore o del capocantiere ha spesso dato luogo a situazioni impreviste che avrebbero potuto essere evitate con una approfondita analisi delle caratteristiche dell’opera o delle sue parti.
La cultura tecnica corrente ha sino ad oggi ritenuto la demolizione un evento accessorio e marginale rispetto alla costruzione di un’opera, relegando le tecniche specifiche operative in un quadro artigianale senza alcuna specificità professionale. Demolizioni totali o parziali venivano condotte spesso con mezzi inadeguati e, di frequente, in dispregio di ogni norma e salvaguardia della sicurezza.
Nonostante la normativa di riferimento i processi messi in atto per le demolizioni sono estremamente liberi, affidati unicamente alla preparazione e alla sensibilità degli operatori.
E’ importante rendersi conto della grande differenza esistente tra una demolizione parziale o comunque controllata e l’abbattimento totale.
Nel primo caso è necessario non solo un maggior impegno di mano d’opera, ma anche un coinvolgimento diretto del personale all’interno della struttura da demolire: ne consegue quindi una serie di rischi per i lavoratori.
Alcuni aspetti secondari del comportamento strutturale dell’edificio, che talvolta possono rimanere latenti nella comune conoscenza di un progettista edile, possono infatti riaffiorare come veri e propri problemi, con relativi gravi rischi, nella progettazione di un intervento complesso di recupero.

Sicurezza del guardacorpo: anzitutto verifica il supporto

La verifica del supporto è importante per la sicurezza del guardacorpo. La scelta del parapetto provvisorio più adatto ad un determinato utilizzo non può prescindere dalla valutazione delle caratteristiche di resistenza della struttura di ancoraggio: questa deve essere in grado di resistere alle forze in gioco che vengono trasmesse dal parapetto stesso da parte del lavoratore in azione sul parapetto. Le Linee Guida Ispsel fanno riferimento ai materiali che costituiscono la struttura di ancoraggio relativamente a elementi in calcestruzzo prefabbricati o gettati in opera, elementi in acciaio o in legname, escludendo altri materiali quali strutture in muratura o laterocemento. Esistono però alcuni produttori di montanti a piastra fissa tassellata al supporto che consentono l’utilizzo su solai in laterocemento. Se è giusto ritenere idonea una struttura in calcestruzzo armato in buone condizioni di conservazione, sorgono alcune perplessità quando si tratta di strutture in muratura o laterocemento, soprattutto se gli edifici sono vecchi. Complessa è anche la valutazione delle strutture in legno, soggette a deformabilità e con resistenze meccaniche dovute a temperatura, umidità, specie del legname, inclinazione e fibratura.
Per garantire la sicurezza si rende necessaria la verifica della struttura di ancoraggio in tutti i casi dubbi ovvero nei casi non contemplati nel libretto di istruzioni fornito dal produttore.
Le modalità e i risultati di tale verifica costituiranno dichiarazione dello stato di conservazione e della resistenza del supporto di ancoraggio da riportare nei piani di sicurezza; in alternativa si rende necessaria una dichiarazione da parte di un tecnico abilitato che attraverso il calcolo, attesti che la struttura di ancoraggio consente al guardacorpo una adeguata protezione contro il rischio di caduta dall’alto.
FONTE: Documento predisposto da Gruppo Interregionale Edilizia e licenziato dal Comitato Interregionale nella seduta del 29 novembre 2011

La scelta del guardacorpo è importante, ecco alcuni consigli per non sbagliare

Le tipologie di montanti guardacorpo si contraddistinguono per il profilo e per il tipo di ancoraggio all’edificio. I guardacorpo, infatti, possono essere ancorati ai bordi delle solette, alle falde di copertura o alle pareti, piuttosto che ad altri elementi dell’edifico.
Se da un lato questo tipo di parapetti provvisori prefabbricati si distingue per praticità e versatilità d’impiego, dall’altro il suo utilizzo per una buona fruizione in sicurezza richiede un’accurata scelta del modello in relazione alle condizioni di stabilità e resistenza della struttura alla quale il parapetto deve essere ancorato. Non esiste infatti un modello universale che va bene per ogni situazione, ma occorre saper scegliere in funzione della sicurezza e protezione per evitare il rischio di caduta dall’alto. In questo senso si raccomanda professionalità ed esperienza alla persona che deve effettuare la scelta e l’installazione dell’attrezzatura.
Per effettuare la giusta scelta un aiuto possono darlo le Linee Guida ISPSEL “Linee guida per la scelta, l’uso e la manutenzione dei sistemi collettivi di protezione dei bordi, parapetti provvisori, reti di protezione sistemi combinati” del 2006. Nel caso di fissaggio a strutture esistenti, queste saranno elementi monolitici orizzontali o inclinati, oppure elementi piani orizzontali o inclinati.
Il sistema di fissaggio dipenderà dai materiali che costituiscono la struttura di ancoraggio: elementi in cls prefabbricati o gettati in opera, elementi in acciaio o in legname. In particolare nella classificazione secondo i materiali costituenti la struttura di ancoraggio, questi vengono distinti in elementi in calcestruzzo armato che devono essere agganciati con ganascia, con piastra a perdere di tipo verticale o inclinata, universale a vite. Ci sono poi gli elementi strutturali in legno per i quali va utilizzato un tipo diverso di fissaggio: laterale o frontale.
FONTE: Documento predisposto da Gruppo Interregionale Edilizia e licenziato dal Comitato Interregionale nella seduta del 29 novembre 2011

La scelta del guardacorpo

Le tipologie di montanti guardacorpo si contraddistinguono per il profilo e per il tipo di ancoraggio all’edificio. I guardacorpo, infatti, possono essere ancorati ai bordi delle solette, alle falde di copertura o alle pareti, piuttosto che ad altri elementi dell’edifico.
Se da un lato questo tipo di parapetti provvisori prefabbricati si distingue per praticità e versatilità d’impiego, dall’altro il suo utilizzo per una buona fruizione in sicurezza richiede un’accurata scelta del modello in relazione alle condizioni di stabilità e resistenza della struttura alla quale il parapetto deve essere ancorato. Non esiste infatti un modello universale che va bene per ogni situazione, ma occorre saper scegliere in funzione della sicurezza e protezione per evitare il rischio di caduta dall’alto. In questo senso si raccomanda professionalità ed esperienza alla persona che deve effettuare la scelta e l’installazione dell’attrezzatura.
Per effettuare la giusta scelta un aiuto possono darlo le Linee Guida ISPSEL “Linee guida per la scelta, l’uso e la manutenzione dei sistemi collettivi di protezione dei bordi, parapetti provvisori, reti di protezione sistemi combinati” del 2006. Nel caso di fissaggio a strutture esistenti, queste saranno elementi monolitici orizzontali o inclinati, oppure elementi piani orizzontali o inclinati.
Il sistema di fissaggio dipenderà dai materiali che costituiscono la struttura di ancoraggio: elementi in cls prefabbricati o gettati in opera, elementi in acciaio o in legname. In particolare nella classificazione secondo i materiali costituenti la struttura di ancoraggio, questi vengono distinti in elementi in calcestruzzo armato che devono essere agganciati con ganascia, con piastra a perdere di tipo verticale o inclinata, universale a vite. Ci sono poi gli elementi strutturali in legno per i quali va utilizzato un tipo diverso di fissaggio: laterale o frontale.
FONTE: Documento predisposto da Gruppo Interregionale Edilizia e licenziato dal Comitato Interregionale nella seduta del 29 novembre 2011

Attenzione, utilizza il guardacorpo giusto per ogni situazione

Nelle costruzioni vengono utilizzate due tipologie di parapetti provvisori: quelli tradizionali, realizzati in cantiere di in legno o acciaio e quelli prefabbricati, di varie tipologie, da assemblare sul posto. L’utilizzo di questi ultimi si sta diffondendo sempre più anche perché tali attrezzature sono relativamente facili e rapide da installare e soprattutto si adattano a più situazioni, consentendo il montaggio su differenti tipi di supporto con vari sistemi di fissaggio.
In particolare per i lavori di manutenzione su coperture, i parapetti provvisori prefabbricati costituiscono la principale alternativa alla predisposizione di un ponteggio completo contornante tutta la copertura. Inoltre, l’utilizzo di questi sistemi costituisce un migliore adempimento all’art. 112 del D.Lgs. 81/08 il quale recita che “le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale e secondo la regola d’arte”. Le norme di prevenzione vigenti prescrivono la priorità dell’adozione di misure di protezione collettiva come i parapetti, le reti di sicurezza, i ponteggi, rispetto a quelle individuali: L’art. 148 del decreto 81/08 specifica che prima di procedere all’esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l’obbligo di predisporre sistemi collettivi di protezione dei bordi, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego. Dunque, la valutazione dei rischi deve essere fatta in modo completo e approfondito. In questi casi per una corretta valutazione dei rischi è opportuno verificare i seguenti punti:
– tipologia e durata del lavoro da svolgere
– tipo di copertura (piana, a falda, a shed, a volta ecc…)
– altezza di caduta massima
– carichi massimi di impatto di un corpo in fasce di scivolamento e caduta (carichi dinamici)
– traiettoria di caduta di un corpo morto che rotola dalla copertura e probabile punto di impatto sul parapetto prefabbricato.
FONTE: Documento predisposto da Gruppo Interregionale Edilizia e licenziato dal Comitato Interregionale nella seduta del 29 novembre 2011

Un guardacorpo per ogni situazione

Nelle costruzioni vengono utilizzate due tipologie di parapetti provvisori: quelli tradizionali, realizzati in cantiere di in legno o acciaio e quelli prefabbricati, di varie tipologie, da assemblare sul posto. L’utilizzo di questi ultimi si sta diffondendo sempre più anche perché tali attrezzature sono relativamente facili e rapide da installare e soprattutto si adattano a più situazioni, consentendo il montaggio su differenti tipi di supporto con vari sistemi di fissaggio.
In particolare per i lavori di manutenzione su coperture, i parapetti provvisori prefabbricati costituiscono la principale alternativa alla predisposizione di un ponteggio completo contornante tutta la copertura. Inoltre, l’utilizzo di questi sistemi costituisce un migliore adempimento all’art. 112 del D.Lgs. 81/08 il quale recita che “le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale e secondo la regola d’arte”. Le norme di prevenzione vigenti prescrivono la priorità dell’adozione di misure di protezione collettiva come i parapetti, le reti di sicurezza, i ponteggi, rispetto a quelle individuali: L’art. 148 del decreto 81/08 specifica che prima di procedere all’esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l’obbligo di predisporre sistemi collettivi di protezione dei bordi, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego. Dunque, la valutazione dei rischi deve essere fatta in modo completo e approfondito. In questi casi per una corretta valutazione dei rischi è opportuno verificare i seguenti punti:
– tipologia e durata del lavoro da svolgere
– tipo di copertura (piana, a falda, a shed, a volta ecc…)
– altezza di caduta massima
– carichi massimi di impatto di un corpo in fasce di scivolamento e caduta (carichi dinamici)
– traiettoria di caduta di un corpo morto che rotola dalla copertura e probabile punto di impatto sul parapetto prefabbricato.
FONTE: Documento predisposto da Gruppo Interregionale Edilizia e licenziato dal Comitato Interregionale nella seduta del 29 novembre 2011

Dispositivi collettivi di protezione, parapetti provvisori

I sistemi di protezione dei bordi devono essere montati e smontati seguendo le indicazioni contenute nel libretto di istruzioni, controllando scrupolosamente la tenuta delle superfici di ancoraggio. Ogni addetto deve essere informato e formato riguardo le regole da seguire nelle fasi di installazione e rimozione del sistema di protezione prescelto.
Tuttavia, succede molto spesso che questo importante dispositivo collettivo di protezione previsto dal Testo unico 81/08 che previene il rischio di cadute dall’alto nei lavori edili a volte sia affrontato con scarsa consapevolezza rispetto alla percezione del rischio da parte dei lavoratori dell’edilizia. Basti pensare a come molte delle piccole e micro imprese visitate dagli Rlst di Asle riguardo il sistema di protezione dei bordi, ricorrano facilmente al servizio di noleggio anziché utilizzare un’attrezzatura di proprietà, per la quale il datore di lavoro è obbligato a rispettare le norme di manutenzione e trattamento come per qualsiasi altra attrezzatura da cantiere. Se da una parte il servizio di noleggio consente il taglio dei costi di acquisto dell’attrezzatura, dall’altra espone l’impresa a rischi inconsapevoli, se non adeguatamente valutati. E’ opportuno, infatti, che l’impresa metta in atto una puntuale verifica del lavoro eseguito dai montatori dell’azienda che effettua il servizio di noleggio e montaggio dell’attrezzatura. Tale azione di controllo eseguita prima che l’attrezzatura entri in uso, dovrebbe essere espletata direttamente dal datore di lavoro o dal suo preposto. Al fine di mettere in atto un efficace sistema di prevenzione e sicurezza per i lavoratori in cantiere, è altresì decisiva, da parte del datore di lavoro, l’attività di informazione del personale che dovrà utilizzare il guardacorpo, per renderlo consapevole che il suo utilizzo improprio può generare grande danno. Inoltre, nel caso dei parapetti presi a noleggio, siccome il noleggio non prevede la manutenzione dell’attrezzatura mentre è in uso, è opportuno che gli utilizzatori dei parapetti provvisori siano responsabilizzati a segnalare qualsiasi malfunzionamento dell’attrezzatura anche minimo, invitando tempestivamente chi di dovere a predisporre gli adeguarti controlli di manutenzione. Nella realtà purtroppo accade che l’utilizzo del sistema di protezione dei bordi e la scelta dei guardacorpo sia effettuata di fretta e senza leggere bene le indicazioni contenute nel manuale di istruzioni.

LODI. Al Convegno su malattie professionali e infortuni, Asle partecipa alla tavola rotonda con il contributo degli Rlst

Il contributo di Asle che ha partecipato attivamente alla discussione promossa nella tavola rotonda nell’ambito del Convegno organizzato da Inail, Osservatorio Lavoro Salute e Sicurezza di Lodi, Asl di Lodi – Regione Lombardia, Camera di Commercio di Lodi il 6 novembre 2015, ha sottolineato la presenza del problema relativo all’utilizzo improprio di spazi pubblici per le manovre di cantiere. “In particolare – si legge nella relazione presentata da Asle – si rileva che nei cantieri visitati dagli Rlst la maggiore criticità è rappresentata dalle gravi interferenze viabilistiche, con rischi aggiuntivi per la circolazione dei pedoni sulla strada e nelle aree condominiali, nei lavori di recupero del patrimonio edilizio esistente in corrispondenza di mancate delimitazioni di aree di cantiere. In definitiva per una corretta prevenzione dei rischi – si conclude – è meglio occupare suolo pubblico o chiudere una strada che utilizzarle come zona di movimentazione o temporaneo deposito”. Il convegno ha fatto il punto su infortuni e malattie professionali nel Lodigiano per il periodo 2010-2014. Complessivamente il trend è in discesa, gli infortuni sono in diminuzione ma nel settore delle costruzioni tra le piccole e piccolissime imprese accade il maggior numero di eventi, circa il 60%.
Le cause di rilievo sono la perdita di controllo di mezzo o attrezzatura, la caduta di persona dall’alto, i movimenti scoordinati. Tra le tre casistiche continua a non dare segni di diminuzione la prima, quella dovuta alla perdita di controllo di mezzo o attrezzatura.

Scarica l’allegato: Relazione di Asle sull’attività degli Rlst nella provincia di Lodi
relazione-su-attivita-rlst-in-provincia-di-lodi

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